Non si parla degli educatori
Lia Trentini, educatrice della Cooperativa “L’Aquilone” in un centro diurno per disabili, affronta le tante problematiche che si trova a fronteggiare la categoria
Da ormai due mesi la pandemia mondiale del Covid-19 ha plasmato le nostre vite. In molti hanno discusso di numerose figure e gruppi di persone, tra cui gli anziani, gli operatori sanitari, gli infermieri ed i medici. E gli educatori? Lia Trentini, educatrice presso la Cooperativa “L’Aquilone” di Gardone Val Trompia, ci ha raccontato delle difficoltà che incontrano coloro che, come lei, svolgono il loro lavoro sentendosi dimenticati. “Lavoro ormai da 17 anni – ha detto – in un Centro diurno per persone disabili, dove ospitiamo persone con diverse problematiche e fasce d’età. Si parla molto degli ospedali e di come questi stiano gestendo l’emergenza, ma nessuno ha sottolineato l’importanza del lavoro svolto dagli operatori sociali, come gli educatori e gli assistenti ad personam”. Il problema quindi coinvolge più figure professionali, che sono state messe da parte e che non ricevono alcun tipo di aiuto.
Sicurezza. “Il Centro Diurno – ha proseguito Lia – è attualmente chiuso e non operativo per questioni di sicurezza. Tutti i ragazzi che spendono ogni giorno con noi, ora sono nelle loro famiglie. Ciò che ci preoccupa maggiormente è la forte possibilità che, una volta riaperta la struttura, tutto il duro lavoro svolto con le persone disabili dovrà essere rifatto totalmente”.
Difficoltà. È impossibile pensare al momento in cui queste strutture potranno riaprire, ma è di vitale importanza comprendere che le difficoltà saranno astronomiche. Non si parla soltanto della ripresa della routine e delle abitudini, ma soprattutto delle norme relative al distanziamento sociale. “Non si può pretendere – ha aggiunto Lia – che ragazzi affetti da patologie come l’autismo o il ritardo mentale, siano in grado di comprendere il distanziamento sociale e la necessità di portare guanti e mascherina. Questo sarà sicuramente uno dei nostri grandi problemi.”
Dopo di noi. La Cooperativa “L’Aquilone” si occupa anche del progetto che mira all’autonomia e all’indipendenza chiamato “Dopo di noi”. “I ragazzi che fanno parte di questo progetto – ha concluso – dovrebbero essere nove. Lo scopo è quello di far vivere ognuno in un proprio mini-appartamento, con alcuni spazi in comune. Per ora i ragazzi ospitati sono soltanto due ed il progetto si è dovuto fermare”. Tra i tanti interrogativi che ci stiamo ponendo, sembra quindi che nessuno si sia fermato per porsi una domanda fondamentale: come possiamo aiutare gli educatori?