Don Dassa: camminando s'impara
È conosciuto da tutti come il “prete camminatore” e la sua arte del cammino intende esportarla anche in Valtrompia, nelle parrocchie di Collio e San Colombano, dove, presumibilmente, farà il suo ingresso alla fine dell’estate. Don Battista Dassa, classe 1959, della parrocchia di Nave, ordinato nel 1984, lascerà perciò Ponte di Legno, Precasaglio e Pontagna, delle quali dal 2014 è presbitero collaboratore.
Cosa ha imparato in questi anni di sacerdozio?
Sono cresciuto molto grazie a questa Valle, che mi appresto a lasciare per la prima volta dopo 36 anni. Malonno è stata la mia prima parrocchia, la prima esperienza come curato, con l’incoscienza della gioventù. La gente, i giovani, i contatti da tenere con le numerose frazioni mi hanno permesso di farmi le ossa. Ad Astrio e Pescarzo, come parroco, ho vissuto un’esperienza di condivisione. Furono gli anni in cui iniziai a camminare assiduamente, facendo su e giù dalle frazioni brenesi, dove vivevo, per andare a insegnare religione nelle scuole. E nel 2000 ero pronto per il mio primo vero pellegrinaggio a piedi, da solo, fino a Roma, per il Giubileo. Passai quindi ad Angone, comunità molto viva, dove le celebrazioni erano molto sentite. Qui si formarono i primi gruppi di cammino, fino ad arrivare a creare “Camminare è un’arte”, che vede attualmente una grande partecipazione. Quest’estate, osservando tutte le regole necessarie, vorrei proseguire e concludere il ciclo di pellegrinaggi in programma: il prossimo appuntamento sarebbe il 10 agosto, con il cammino da Lovere a Bienno in onore di Santa Chiara.
Ha un ricordo per ogni esperienza che ha vissuto in parrocchia, soprattutto in quest’ultimo periodo di emergenza sanitaria?
Durante la chiusura mi sono dovuto fermare anch’io, non senza fatica, lo ammetto, ma ho mantenuto i contatti con i miei gruppi e i parrocchiani di Ponte di Legno, Precasaglio e Pontagna attraverso i social, inviando quotidianamente le mie riflessioni. Ora, con la ripresa, sono felice di rivedere soprattutto i bambini e ragazzi, che stanno partecipando alla messa del lunedì mattina nel piazzale dell’Oratorio. A Ponte di Legno, essendo una cittadina turistica, la dimensione di paese è diversa. Tuttavia me ne vado con un buon ricordo di scambio e partecipazione, soprattutto durante gli incontri con i genitori del Cammino di Iniziazione Cristiana.
C’è un versetto del Vangelo al quale è più legato?
Ce ne sarebbero tantissimi. Io ho una malattia e tutti lo sanno: non so stare senza camminare! Perciò faccio mio tutto ciò che nella Bibbia parla di sentieri, di vie, di strade…Ho a cuore in particolare la frase conclusiva del Salmo 16: “Mi indicherai il sentiero della vita, gioia piena alla tua presenza, dolcezza senza fine alla tua destra”.
Quali saranno le attenzioni pastorali?
Ancora non lo so: fare un programma senza conoscere bene ciò che mi aspetta è un po’ difficile. Voglio dare attenzione soprattutto alla persona, aiutare chi incontrerò a capire il mistero della vita del credente. Proporrò Gesù Cristo, più che me stesso, con semplicità, ricordando le parole di don Tonino Bello: “Se la fede ci fa essere credenti, e la speranza ci fa essere credibili, è solo la carità che ci fa essere creduti”.
Nel suo percorso ritorna spesso l’arte del camminare: quanto è importante sapersi mettere in cammino?
È fondamentale. Chi si mette in cammino si mette in gioco. Sapendo che la vita è un continuo pellegrinaggio: posso trovare tutti i tipi di strade, salite e discese, percorsi ripidi, pericolosi, sentieri e bivi. Con le proposte di pellegrinaggio abbiamo detto più volte che camminando si apprende la vita. Il gruppo di cammino lo vedo come una sorta di “Unità pastorale universale”, che crea un clima di fraternità, condivisione e anche solidarietà. Presumo di poter proporre qualcosa del genere anche a Collio e Collio e San Colombano.