A 100 anni dalla morte di Cibaldi
Erboraio e poeta, la storia di un bovegnese illustre, scomparso il 3 marzo 1919
Domenica 3 marzo ricorre il centenario della morte di Carlo Cibaldi, conosciuto come l’Erboraio. Nato a Bovegno Piano nel 1841, e dopo alcuni anni di studi in Seminario, vivrà nella sua grande casa di via Indipendenza 34 insieme alla moglie Teresa e ai suoi 8 figli dedicandosi ad un’insolita occupazione ora quasi scomparsa: raccogliere erbe medicinali; dopo averle fatte seccare in soffitta le vendeva ad alcune farmacie di Brescia. Possedeva un pregevole erbario del Mattioli, aveva una cartina dei monti circostanti con segnate le poste floreali e raccoglieva una dozzina di erbe da maggio ad agosto. Quest’attività non gli rendeva molto e già nel 1893 si lamentava del calo delle richieste poiché nelle farmacie si vendevano sempre di più i “baloc”, le pillole. Ma le passeggiate gli servivano anche per controllare che la sua azienda uccellanda, dalla quale traeva i maggiori profitti, fosse nei mesi fino a maggio ben predisposta e poi da agosto a novembre attiva, con l’aiuto di molti collaboratori, nella cattura degli uccelli che poi rivendeva anche in Austria. Nel dicembre del 1889, non sentendosi molto bene e temendo non tanto la morte ma di lasciare la famiglia senza il giusto sostentamento, iniziò a scrivere un “diario”, pagine fitte di note e consigli, all’inizio tutti i giorni, ma, poi, avvertita più lontana sorella morte, più di rado; così per quasi sei anni fino al luglio del 1895; la morte arriverà molto più tardi, il 3 marzo 1919.
Premio. Molti anni dopo i pronipoti Foccoli di Gardone ebbero l’idea di spedire l’azzurro libricino al concorso per diari inediti bandito a Pieve di Santo Stefano dal Consorzio aretino: qui ottenne il 2° premio (nella giuria c’era Natalia Ginzburg, che si prestò a stendere la presentazione della prima edizione).
Già nella lettura della prima pagina del diario si evidenzia l’anima e la personalità del Cibaldi: una salda e non titubante fede, una pregevole e fiorita scrittura e una buona visione economica della vita. Lascerà alla sua famiglia una bella casa (ora di proprietà della pronipote Maria Grazia Corsini e di Giuseppe Paitoni, suo marito, lui pure erboraio). Fra i suoi nipoti val bene ricordare Aldo Cibaldi, che istruito nel dialetto bresciano dal poeta Angelo Canossi, lo ha, quasi a braccetto, sostenuto e valorizzato. Singolari le medesime iniziali (A.C.), gli stessi anni di vita (81), e il riposare insieme, lasciate le sudate carte, con le spoglie terrene nel cimitero di Bovegno, l’uno di fronte all’altro.