Buffoni all'inferno: 3 le date bresciane
Saranno tre programmazioni bresciane ad ospitare le tre anteprime nazionali di "Buffoni all'inferno", la nuova produzione di Stivalaccio Teatro, giovane compagine veneta che in questi ultimi anni sta riportando alla ribalta nazionale gli stilemi della commedia dell’arte valorizzando alcuni canovacci dell’epoca o incrociando l’arte dell’improvvisazione con alcuni classici della letteratura teatrale.
Già apprezzati nelle varie programmazioni per il rutilante Romeo e Giulietta, per il dissacrante Don Chisciotte o per lo scoppiettante Arlecchino furioso, arrivano ora in scena, per la regia di Marco Zoppello, Valerio Mazzucato, Michele Mori, Stefano Rota a raccontarci cosa accade nella Venezia del 1575 quando un’epidemia di peste si porta all’altro mondo 50 mila veneziani, un terzo degli abitanti della città lagunare, allora grande potenza del mediterraneo. L’Ade è di colpo intasato e Minosse, impietoso giudice delle anime, è costretto a fare i salti immortali per esaminare le colpe di tutti. Le operazioni vanno a rilento, gli spiriti protestano, insorgono e volano insulti. Belzebù, con profonda saggezza, offre uno sconto di pena alle anime di tre buffoni, Zuan Polo, Domenico Tagliacalze e Pietro Gonnella per tornare a fare ciò che in vita gli riusciva meglio: intrattenere. Lo spettacolo ripesca dall’antica arte del buffone, l’intrattenitore per antonomasia, il più devoto cultore dello sghignazzo.
Da che mondo è mondo i Comici sono spaventati quanto attratti dall’Inferno. Non c’è niente da fare, l’inferno è la destinazione finale per chi è pronto a tutto per strappare una risata. L’inferno e tutti i suoi sulfurei carcerieri sono alla base della tradizione popolare e dei racconti dei cantastorie. L’inferno racchiude al suo interno l’alto e il basso, il tragico e il grottesco. Ce ne consegna immortale esempio l’Alighieri quando quel suo diavolo Barbariccia, nel canto XXI, diede l’avanti marsc’ con quel suono dal basso ventre, o meglio “del cul fatto trombetta”. E di esempi ce ne sarebbero a bizzeffe, senza nemmeno il bisogno di scomodare il diavolo Alichino, padre della celeberrima maschera dal vestito variopinto.
Anche indagando anche tra il tardo medioevo e il rinascimento si trova qualche esempio di racconti infernali, libelli in cui si celebrano spesso emanazioni basso-corporee dal sentore mefitico. I fablieux francesi ne sono ricolmi, uno su tutti il peto del villano. Racconto faceto su un povero spirito demoniaco vittima dei miasmi di un contadino malsano. Ma parla spesso di diavoli e d’inferno pure Geoffrey Chaucer, si pensi a quel capolavoro de I racconti di Canterbury. Nel racconto dei tre ubriaconi li vediamo nientemeno che alla ricerca della morte, e vittime degli inganni del diavolo che li mette uno contro l’altro. Sempre a proposito di morte, la tradizione orale del nostro paese racconta di alcuni momenti carnevaleschi dove si usava recitare il paradossale testamento del porco e, perché no, di numerosi altri animali da cortile, ascoltati in pubblica piazza prima di diventare portata principale del martedì grasso. Uno dei punti più alti raggiunti dalla letteratura comico/infernale è senza dubbio Le Bravure del Capitan Spaventa da Vall’inferno, di Francesco Andreini, capocomico della straordinaria compagnia dei Comici Gelosi. Ma di storie, novelle, cantari e stornelli ce ne sono e ce ne sarebbero molti. Quali raccontare, sera per sera? Sarà il caso a scegliere, attraverso la Ruota della Fortuna, decima carta dei tarocchi che, nel caso della compagnia, rappresenta le diverse buffonate da raccontare; a tre attori o meglio buffoni, comici, reietti, gente disposta a tutto per portare il riso, l’arduo compito. Valerio Mazzucato, Michele Mori e Stefano Rota, interpreti d’esperienza da anni proiettati verso il teatro popolare, la commedia dell’arte, il gioco più puro del teatro, sfidano ogni sera il pubblico scavando tra testi e racconti dimenticati, alla ricerca, nientemeno, del cuore dell’inferno.