Bene contro male: vince la speranza
La stagione del Teatro Clerici è ufficialmente iniziata. Se nei primi appuntamenti ad essere protagonista è stata la musica, con l’inizio di novembre ripartiranno ufficialmente anche i musical. Sabato 9 novembre, alle 21, arriverà sul palco dell’ex Morato quel “Caino e Abele”, oggi diretto da Ariele Vincenti (regista anche di “Forza Venite Gente”), che nel 1972 aprì la strada a una fortunata serie di musical che affrontavano l’argomento religioso. A presentare lo spettacolo in arrivo a Brescia è l’attore Michelangelo Nari, che si esibirà nelle vesti di Abele e non solo.
“Caino e Abele” è un viaggio nella storia della cristianità, dalla Genesi fino a oggi...
Sì, è stato il primo musical italiano. Per noi, riportarlo in scena e riattualizzarlo è una grande sfida. Si parte dai quadri più biblici, quindi quello dedicato a Caino e Abele, poi a Gesù e al tradimento di Giuda, senza dimenticare quello su San Francesco... Nel secondo atto, si affrontano tematiche più laiche, dal quadro di Giovanna d’Arco, a quello di Romeo e Giulietta, a quello sull’integrazione razziale fino ad arrivare ad Anna Frank. Si palesa, dunque, la dicotomia della storia dell’uomo, tra il bene e il male.
In quali aspetti si manifesta l’attualità di questo musical?
Il quadro sull’integrazione razziale, per esempio, è stato riattualizzato: i profughi di oggi sono quelli che sbarcano in Occidente e devono essere accolti, alcuni con difficoltà, altri con più serenità. Alla fine del nostro spettacolo, si sente la voce di Tony Cucchiara (l’autore della prima versione del musical datato 1972, ndr) che sintetizza il messaggio dello spettacolo: “Nonostante tutto, voglio continuare a credere nell’uomo”. Un messaggio di speranza e positività che noi proviamo a dare stando in scena.
Nel musical, emerge la lotta tra il bene e il male. Oggi, spesso, vince la narrazione del secondo sul primo...
Purtroppo sì. Mai come in questo momento storico, lo spettacolo è attuale. Penso, per esempio, al quadro di San Francesco: il Santo, nel nostro spettacolo, è in mezzo alle bombe. Fa un po’ tristezza pensare che, nonostante siano passati 50 anni, questi temi siano ancora così attuali... Ecco perchè, nel nostro piccolo, continuiamo a provare a lanciare un messaggio di speranza.
Lo si può definire un musical religioso? Qual è la risposta del pubblico di fronte a queste tematiche?
Sì. C’è un aspetto religioso e spirituale molto profondo. Ma non è tutto. Si affronta il tema dell’umano in generale, quindi il discorso è ancora più ampio. Rispetto alle reazioni del pubblico (la tournée è iniziata nelle scorse settimane in Sicilia), abbiamo avuto numerosi spettatori religiosi, ma anche laici. È sempre un bellissimo scambio.
Stare in scena significa anche raccontarsi?
Assolutamente sì. Chi fa questo lavoro ha anche una necessità di esprimere se stesso e di dire qualcosa di sè attraverso i ruoli che interpreta. Passare nei vari quadri del musical, in questo caso, significa rapportarsi con personaggi diversi. Io sono Abele, Romeo, uno degli apostoli, uno dei profughi... È una sfida nella sfida: bisogna essere ancora più multiformi.
Lei ha un ruolo di protagonista anche in “Forza Venite Gente”. Dal diavolo ad Abele, qual è il rapporto tra i due personaggi?
Siamo ai due estremi, anche perchè in “Forza Venite Gente” il diavolo è un tentatore, ma ha anche un non so che di grottesco. A livello prettamente vocale, cerca di fare la voce grossa e di impaurire. Abele, invece, è la purezza, è colui che vuole il bene senza secondi fini ed è questo che creerà lo scontro con il fratello. Adesso, comunque, ci sarà una nuova evoluzione: dalla prossima stagione (la tournée toccherà anche Brescia: lo spettacolo sarà propoposto al teatro Clerici l’1 febbraio 2025) interpreterò San Francesco: è un’ulteriore cambio di prospettiva per me.