Pietro sul tetto del mondo
Tra le fila della Nazionale Azzurra Under 17 che, quest’estate, a Sofia, si è laureata Campione del Mondo, c’è un giovane bresciano di Carzago (Calvagese della Riviera). È Pietro Valgiovio, classe 2008, palleggiatore del Volley Montichiari. Anche se giovanissimo, la grande pallavolo italiana è già sicura di aver scovato un regista prezioso per il futuro.
Quando è sbocciato il primo amore con la pallavolo?
All’inizio, praticavo karate. Quando mi hanno consigliato di fare uno sport di squadra, ho scelto la pallavolo. Così, ho cominciato a giocare a palla rilanciata nel Calvagese, la società del mio paese. Ho iniziato ad appassionarmi quando abbiamo vinto il primo Torneo provinciale. Dalla collaborazione tra Calvagese e Volley Montichiari, insieme ad alcuni miei compagni di squadra, sono approdato in questa nuova società. Qui è iniziato il mio percorso più importante, dove ho vinto alcuni Provinciali e Regionali e ho disputato anche la finale scudetto, che purtroppo abbiamo perso. Si sono poi aggiunte anche le chiamate in Nazionale che mi hanno portato fino alla vittoria del Mondiale di quest’anno.
Il palleggiatore è la mente della squadra. Quando ti sei accorto di avere la tecnica e la predisposizione giusta per questo ruolo?
Fin da quando ho iniziato a giocare a pallavolo, mi è sempre piaciuto schiacciare. Infatti, avrei voluto fare lo schiacciatore. Con il tempo, ho imparato l’importanza di questo ruolo e a divertirmi giocando come palleggiatore.
Dal 2019, vesti la maglia del Volley Montichiari...
Questa esperienza mi ha dato e mi sta dando tanto. Mi hanno insegnato tutto, partendo dalle basi. È stato soprattutto il mio ex allenatore, Nicola Tonoli, a trasmettermi la passione e la grinta per questo sport.
Quando è arrivata la prima chiamata negli Azzurri?
La prima convocazione risale al 2021. Era un giorno di estate, ero in cortile a giocare a pallavolo. Sono salito in casa e i miei genitori mi hanno comunicato che era arrivata una chiamata da Roma. Non sapevo ancora cosa significasse, ero piccolo, ma ero incredulo ed emozionato. I miei compagni sono diventati, con il tempo, quasi dei migliori amici: sono tanti gli allenamenti e le esperienze che ci hanno uniti.
Proprio quest’estate sei diventato Campione del Mondo...
Il Mondiale era l’obiettivo principale di quest’anno. Abbiamo passato tutta l’estate ad allenarci in Calabria. Non vedevo l’ora di andare in Bulgaria: ho sempre lavorato tanto per guadagnarmi il mio posto. Arrivati a Sofia, dopo quattro giorni, abbiamo cominciato le gare. Nella prima partita eravamo molto tesi. Poi, pian piano, abbiamo ingranato ed è andata sempre meglio. Nella partita con l’Iran, quando eravamo sotto nel quarto set, non riuscivo a immaginarmi fuori dal Mondiale. Tutti credevamo nel nostro sogno: abbiamo, infatti, ribaltato la partita al tie break. La semifinale con la Cina, infatti, l’abbiamo poi giocata con una serenità incredibile. Abbiamo vinto 3 a 0 e siamo arrivati in finale. Lì, abbiamo incontrato l’Argentina, che avevamo già battuto ai gironi. Il fattore testa avrebbe potuto fare brutti scherzi e, infatti, siamo andati sotto di due set. Il nostro allenatore ci ha allora ricordato che eravamo una squadra capace di soffrire. Quando abbiamo vinto il quarto set e abbiamo cominciato il quinto avanti di qualche punto, ho capito che ce la stavamo per fare. Quando è caduto l’ultimo pallone, sono scoppiato a piangere di gioia.
Sei stato nominato anche miglior palleggiatore del torneo. Te lo aspettavi?
No, non me lo aspettavo. Ci avevo pensato, ma il mio obiettivo era vincere il Mondiale. È stato bello, certo. Ma preferisco la medaglia da Campione del Mondo rispetto al premio individuale.
Cosa ti ha insegnato questa competizione rispetto all’intelligenza tattica necessaria per un palleggiatore?
Il Mondiale, e soprattutto la finale, mi hanno dato tanta fiducia e sicurezza, elementi fondamentali per giocare con più serenità essendo sicuro dei miei mezzi.
Mentre giocavate il vostro Mondiale, si disputavano le Olimpiadi...
Sì, abbiamo sempre seguito gli Azzurri. Ci davano uno stimolo per allenarci meglio e per raggiungere, un giorno, quei parquet... Il mio idolo è Simone Giannelli, provo ad ispirarmi a lui soprattutto in due aspetti: quando approccia l’alzata guardando gli attaccanti e il muro avversario e quando fa i tocchi di seconda.
Quali sono i tuoi obiettivi oggi?
Gli obiettivi me li creo con il passare del tempo. Oggi, voglio fare un bell’anno con il Volley Montichiari e fare bene anche in Nazionale. Per il futuro, spero di migliorare e di diventare sempre più forte.
Chi è il Pietro Valgiovio fuori dalla pallavolo?
Frequento il turistico al Bazoli di Desenzano. Mi piace molto ascoltare la musica e stare con i miei amici e con la mia famiglia.
A proposito di famiglia. Che ruolo ha avuto e ha nel tuo percorso?
I miei genitori mi hanno sempre sostenuto e lo fanno anche oggi. C’erano anche in Bulgaria durante il Mondiale. Hanno fatto tanto per me e sono sicuro che continueranno a farlo perchè sono sempre disponibili nei miei confronti.