Il cucchiaio di Egidio Salvi
L'intervista a un uomo simbolo per il calcio bresciano, una bandiera, come quelle che non ce ne sono più ormai...
Partiamo dai tuoi inizi Egidio, quando e dove è iniziato tutto?
Nel campo dell’Oratorio di Sant’Antonio. Come tutti i ragazzi del tempo anche noi si andava all’Oratorio a giocare a pallone, nel campo in terra battura, mentre ora è in erba sintetica. La mia vita è iniziata qui, il mio primo allenatore è stato Antonio Balneari, avevo dodici anni. Poi a 12 anni mi mandò in Viale Piave ad una selezione, una volta alla settimana sul Giornale di Brescia c’erano le convocazioni per la selezione del Brescia Calcio. Mi presero subito, e così iniziai la trafila.
E quando hai compiuto il salto in prima squadra?
Nel 1964 venni aggregato alla prima squadra, l’allenatore era Renato Gei, è stato l’anno in cui il Brescia in serie B è partito con 7 punti di penalizzazione. Avremmo dovuto retrocedere in C (già all’epoca c’era il calcio scommesse!), poi grazie ai buoni uffici diplomatici e non trascurando il fatto che il Papa del tempo era Paolo VI, il nostro Papa bresciano, fummo ripescati in B ma con l’handicap dei 7 punti.
Che squadra era quella?
Uno squadrone! Io giocai le ultime sette partite, se non avessimo avuto la penalizzazione saremmo andati in serie A, invece ci andammo l’anno dopo. C’erano Ottavio Bianchi, Virginio De Paoli, Gigi Brotto, Fumagalli, Mangili, Rizzolini, Beretta, Brülls, Pagani. L’anno dopo andammo in serie A e ci restammo fino al 1968 poi retrocedemmo. Io venni ceduto al Napoli, poi tornai. Gli anni Settanta invece restammo sempre in B. Nel 1977 arrivò come allenatore Gigi Simoni, con presidente Saleri. La squadra era forte, con Malgioglio, Podavini, Galparoli, Venturi, De Biasi, Salvioni, davanti c’erano Penzo e Mutti. Nel 1979 salimmo in A, poi io smisi.
Quell’anno ci fu il famoso episodio del calcio di rigore che calciasti facendo il cucchiaio, molti anni prima di Totti
Era l’ultima di campionato, giocavamo al Rigamonti col Catania, stavamo sullo 0 a 0 e ci diedero un calcio di rigore a favore, sotto la curva Sud. Nessuno voleva calciarlo, lo calciai io col cucchiaio e andammo 1-0. La partita finì poi sul 4-1.L’avevo visto fare alla televisione, in quel momento c’era molta tensione ma mi ero allenato a calciarlo in quel modo. Ci vuole sangue freddo.
E poi?
Poi smisi, avevo 35 anni, cominciavano ad arrivare i preparatori atletici con i cronometri e diventava dura.
E dopo il calcio giocato hai iniziato la carriera da allenatore?
Esatto. Ho cominciato a fare l’allenatore, anche se la mia aspirazione non era tanto allenare quanto insegnare ai ragazzini. Sono arrivato a fare l’allenatore in seconda con la Primavera e ho fatto quello per 15 anni. Sono stato dapprima il secondo di Massimo De Paoli, all’inizio lui non aveva il patentino e io lo affiancai. Poi ho fatto il secondo a Giunta, Saurini, Javorcic, Possanzini. Tutti bravi, sono sempre andato d’accordo con tutti. Io facevo la parte tecnica, che era quello che mi piaceva di più. Ora ho compiuto i settant’anni, e dopo il problema al cuore che ho avuto lo scorso anno ho chiuso. Confesso che ora la stanchezza si fa sentire.
RICKY BARONE
04 dic 2015 00:00