Il calcio è uno sport sicuro: la ricerca di Unibs
Chi di noi non ha giocato a calcio da bambino e anche da adulto? Contatti a volte duri, colpi di testa, impatti violenti della palla sul capo durante punizioni o azioni di gioco.
Assistendo alle partite in televisione e allo stadio ci chiediamo spesso se veramente il calcio sia uno sport sicuro, oppure se questi colpi continui, specialmente alla testa, abbiano conseguenze determinando lesioni cerebrali anche permanenti.
Un team di specialisti dell’Università di Brescia, composto da medici neurologi, neurochirurghi, rianimatori, di medici dello sport dell’Atalanta Bergamasca Calcio, di biologi dell’Asst Spedali Civili Brescia e di ricercatori del laboratorio di marcatori molecolari dell’Irccs Istituto Centro San Giovanni di Dio, Fatebenefratelli Brescia, capitanati dal neurochirurgo prof. Claudio Cornali, ha deciso di affrontare il problema in modo scientifico.
Esistono alcuni biomarcatori di danno neuronale, molecole che si ritrovano nel sangue con livelli elevati in caso di danno cerebrale: il loro nome è Neurofilamenti a catena leggera (NFL). Si è pensato di dosare questi neurofilamenti con prelievi di sangue nei giocatori di calcio professionisti di serie A del campionato italiano. Dosaggi effettuati prima dell’inizio e durante la stagione agonistica sono stati confrontati con un gruppo controllo di soggetti che non svolgono attività sportiva e non sono sottoposti a traumi cranici.
Quando si è proposto lo studio alle squadre italiane di serie A, in particolare all’Atalanta Bergamasca Calcio, la più grande “preoccupazione” dei ricercatori era che non fosse, in pratica, fattibile. Cosa sarebbe accaduto se lo stesso avesse dimostrato che i traumi nel gioco del calcio possono determinare lesioni cerebrali? Questa paura è stata però subito fugata. La squadra ha accettato con piacere di sottoporsi ai prelievi e non ha posto veti, qualsiasi risultato fosse emerso dallo studio scientifico: grande prova di maturità scientifica dello staff medico (responsabile Dr. Paolo Amaddeo), della società e dei calciatori e consapevolezza che sempre e comunque la salute dei propri giocatori è più importante dei risultati sportivi o degli interessi economici.
Il dosaggio dei Neurofilamenti a catena leggera, ha dimostrato che non c’è differenza tra giocatori professionisti e soggetti non sportivi: il calcio è uno sport sicuro. Questo dato inoltre permette di pensare ad un uso, in un futuro prossimo, dei NFL come “misuratore dell’entità del trauma”, perfezionando il timing del ritorno alle competizioni dopo un evento traumatico cranico evitando così un esito potenzialmente mortale che può realizzarsi nella sindrome da secondo impatto e inoltre interrompendo quel “sottile filo rosso” che conduce alle complicanze tardive dello stesso come la leucoencefalopatia post-traumatica cronica.
La ricerca è stata pubblicata su una prestigiosa rivista internazionale, il Neurological Sciences, ed ha subito avuto un grande impatto internazionale.
Serviranno altri studi per vedere noi genitori tranquilli mentre portiamo i nostri figli alle scuole di calcio dell’Atalanta, del Brescia, della Juventus e di molte altre squadre e accarezzandogli la testa li sogniamo campioni.