Don Mattanza: Incontro alla comunità
Don Giuseppe Mattanza, dal 2005 parroco a Tignale, è la nuova guida della comunità di Capriolo
Don Giuseppe Mattanza (nella foto) è il nuovo parroco di Capriolo. Classe 1962 e ordinato nel 1990, don Giuseppe è originario della parrocchia di Idro. Nel corso del suo ministero, ha svolto i seguenti servizi: curato di Botticino Sera (1990-1994); parroco di Lavone e Irma (1994-2005); dal 2005 è parroco di Tignale.
Cosa è stato determinante nella sua scelta vocazionale?
Innanzitutto il rapporto con i sacerdoti della parrocchia e con i religiosi. Quando ero ragazzo a Idro c’erano ancora il parroco e il curato. E poi c’era la presenza delle suore Sacramentine di Bergamo. Ricordo sempre la figura del mio parroco e delle suore con grande affetto. Vedendo queste figure è nato il desiderio di scoprire se vi potesse essere anche dentro di me la disponibilità a rispondere ad una chiamata al sacerdozio. Mi colpiva il fatto che vedevo sempre il sorriso sui loro volti.
Lei è stato in diverse comunità. Cosa ha imparato in questi anni di ministero?
L’esperienza mi ha insegnato a saper osservare e ascoltare molto. Io ho avuto rapporti con comunità di montagna. Sono realtà a volte ermetiche, lo dico in senso buono. Conoscere le vicende locali e la loro storia è la chiave per manifestare la voglia di appartenere a queste comunità. È fondamentale riuscire ad entrare nel cuore di queste persone. Ecco, conoscere la loro storia, le loro tradizioni, è la chiave per essere accolti nel loro cuore. Per manifestare concretamente il desiderio di appartenere ad una comunità. E poi conta il rapporto con le persone. La prima preoccupazione per me è la visita alle famiglie. Per farsi conoscere, anche da chi non frequenta, e per conoscere. Apre il cuore e la disponibilità delle persone.
Lei ha studiato e insegnato anche a Lugano. Che esperienza è stata?
È stata ed è una esperienza fondamentale. A Lugano ho studiato teologia biblica a partire dal 2001 e ho preso il dottorato. Devo ringraziare mons. Sanguineti e mons. Monari che lo hanno reso possibile. Questo mi ha permesso non solo di approfondire lo studio, ma di arricchirmi dal punto di vista della conoscenza della dimensione ecclesiale a livello mondiale. Lugano è una facoltà teologica internazionale. Vengono preti, religiosi, religiose, laici da tutto il mondo. Mi sono arricchito culturalmente e umanamente. Ho conosciuto le nuove realtà religiose, la Comunità Shalom, la comunità delle Beatitudini, comunità giovani dell’America latina che avranno in mano il futuro della Chiesa. Una ricchezza che si è riversata poi nel mio ministero. A Lugano tuttora insegno nel ramo della Teologia dogmatica, pur non essendo un vero e proprio docente universitario. Collaboro con la facoltà, scrivo articoli, tengo corsi di approfondimento. L’ultimo su San Giuseppe.
E ora, dopo l’epidemia, a Capriolo. Cosa si aspetta?
Non vado a Capriolo con dei progetti, è una comunità già avviata. Incontrerò per prima cosa la comunità, chi c’è, chi collabora, e poi si vedrà insieme che cosa fare. Vado là con la priorità di entrare in comunione con la comunità, per primi con i sacerdoti che già ci sono, con i religiosi e le religiose. Mi interessa che con i sacerdoti possa nascere una fraternità sacerdotale a cui ho sempre creduto e della quale sento sempre l’esigenza.
C’è un versetto del Vangelo che le è particolarmente caro?
Giovanni 15,16, dove si dice: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga”. Per me queste parole sono sempre state molto vere. L’iniziativa della chiamata è sempre del Signore. E questo è fonte di grande consolazione. Perché altrimenti si rischia di restare paralizzati dai nostri limiti, dalle nostre debolezze. Dio continua a sceglierci ogni giorno, e ci sceglie proprio per amarci. Ci sceglie per far sentire agli altri la sua presenza. Noi dobbiamo solo amarci gli uni gli altri, come Lui ha amato noi.
Ci sono figure di Santi a cui si ispira?
Sant’Arcangelo Tadini, il fondatore delle Suore Operaie. Ho conosciuto la sua figura da curato a Botticino. Mi ha sempre colpito che lui ha fatto tutto quello che ha fatto, restando parroco a pieno titolo e a pieno tempo. Non è mai venuto meno a questo suo ruolo di pastore. È stato parroco per sempre.