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Città del Vaticano
di VATICAN NEWS 30 gen 2023 07:43

Un viaggio per promuovere la riconciliazione

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Da domani al 5 febbraio il 40° viaggio apostolico di papa Francesco nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan. Il significato del viaggio nelle parole del Segretario di Stato Vaticano card. Pietro Parolin

Terre provate da lunghi conflitti. Sono quelle che papa Francesco si appresta a visitare dal 31 gennaio al 5 febbraio nel suo 40° Viaggio apostolico. Alla Repubblica Democratica del Congo e al Sud Sudan il Papa ha dedicato parte delle sue parole dopo l'Angelus di ieri “La Repubblica Democratica del Congo – sono state le sue parole - soffre, soprattutto nell’Est del Paese, per gli scontri armati e per lo sfruttamento; mentre il Sud Sudan, dilaniato da anni di guerra, non vede l’ora che finiscano le continue violenze che costringono tanta gente a vivere sfollata e in condizioni di grande disagio”. Poi la precisazione del carattere ecumenico del suo pellegrinaggio: in Sud Sudan arriverà infatti insieme all’Arcivescovo di Canterbury e al Moderatore dell’Assemblea Generale della Chiesa di Scozia.

Sarà “un ecumenismo della testimonianza” ha sottolineato il card. Segretario di Stato Pietro Parolin, in un’intervista pubblicata da Vatican News, precisando che questa visita si muove sulla direttrice della vicinanza alle Chiese e comunità locali, che sono “vive e attive”, e quella “socio-politica” che auspica la riconciliazione, in due realtà che per motivi diversi vivono il dramma di milioni di profughi, della guerriglia, delle tensioni etniche e politiche.

Eminenza, il Papa si appresta a partire per la Repubblica Democratica del Congo e il Sud Sudan. Una visita molto desiderata, rimandata a luglio dello scorso anno a causa del dolore al ginocchio. Quale desiderio c’è nel cuore di Francesco?

Come in ogni viaggio apostolico, il Santo Padre desidera innanzitutto farsi vicino, incontrare la Chiesa e la popolazione locale. Direi che in questa visita, questo desiderio è particolarmente intenso perché si tratta di un viaggio atteso da molto tempo che il Papa ha dovuto rimandare a causa del problema al ginocchio, sia perché si tratta di due Paesi che si trovano in una situazione particolarmente difficile a causa dei conflitti in atto: quindi il Papa ci va come pastore che incontra il popolo di Dio e nello stesso tempo anche pellegrino di pace e di riconciliazione.

Due Paesi con straordinarie risorse eppure schiacciati da conflitti e violenze che non si fermano: quale il significato di questo viaggio?

Direi che ha due aspetti: c’è un aspetto pastorale, di vicinanza alle Chiese locali e a queste comunità che sono comunità vive, attive, e c’è poi l’aspetto socio-politico, e da questo punto di vista ci si aspetta che la presenza del Santo Padre, la sua parola, la sua testimonianza, possa aiutare a promuovere la cessazione delle violenze in atto e rafforzare i processi di pace e di riconciliazione in corso.

La prima tappa sarà la Repubblica Democratica del Congo dove si terrà anche l’incontro con le vittime dell’Est del Paese. Questa visita può aiutare a cicatrizzare le ferite nel cuore degli uomini?

Speriamo di sì, perché sono veramente ferite molto profonde. È una situazione che si protrae ormai nel tempo: violenza, contrapposizione e conflitto. Quindi, il fatto che il Papa incontri le vittime di questa situazione è un gesto molto significativo che certamente le conforterà. Credo che il primo aspetto e la prima dimensione di questo incontro sia proprio l’aspetto del conforto e della consolazione di queste popolazioni che hanno sofferto, con morti, rifugiati... Poi l’altro aspetto è sempre quello dell’incoraggiamento a non perdere la fiducia, la speranza, a non cedere alla vendetta, a non aumentare le divisioni che ci sono, ad avere come obiettivo la pace. Quindi, comunione e fraternità sono lo scopo per cui il Papa incontra queste vittime.

Dal Congo papa Francesco si sposterà in Sud Sudan. Nel 2019 – lo ricordiamo – baciò i piedi dei leader sud-sudanesi per implorare la pace. Che ruolo può avere la religione nella stabilizzazione del Paese?

Le Chiese cristiane – come ho potuto constatare anch’io – operano a servizio dell’intera popolazione, dove molto spesso anche lo Stato e talvolta anche le agenzie internazionali non riescono ad arrivare. Pertanto, godono presso la popolazione di fiducia e di autorevolezza e questo ha permesso loro di avere un ruolo significativo all’interno del complesso dialogo internazionale. Quando sono stato in Sud Sudan, lo stesso presidente mi ha ricordato quel gesto che il Papa ha compiuto nei suoi confronti e che l’ha profondamente toccato e profondamente commosso: potremmo dire un gesto profetico. Ed è un gesto che impegna: credo che impegni le autorità, davvero, a fare passi concreti sulla via della pace. Speriamo che questo viaggio dia continuità a quel momento così particolare e stimoli in questo senso a fare scelte concrete, ad assumere decisioni molto pratiche perché il processo di pace possa raggiungere il suo obiettivo.

Il Papa visiterà il Sud Sudan insieme all’arcivescovo di Canterbury e al moderatore della Chiesa di Scozia. È dunque un viaggio anche dalla forte valenza ecumenica…

Sì. Questa presenza dei tre leader religiosi – il Papa, l’arcivescovo di Canterbury e il moderatore della Chiesa di Scozia – è un’espressione di ecumenismo molto significativa, anzi, un ecumenismo – lo chiamerei – della testimonianza. Intanto, il fatto stesso che i tre vadano insieme è un segno che è possibile trovare modalità di comunione anche al di là delle differenze o attraverso le differenze. E poi, questo impegno comune da parte dei gruppi religiosi presenti nel Paese a essere testimoni del Vangelo, essere promotori di pace. Quindi, sarà una presenza e sarà un viaggio molto significativo proprio perché sarà a tre voci.

VATICAN NEWS 30 gen 2023 07:43