Striscia di Gaza: nuovo appello del Papa
A Gaza, si lascino spazi per garantire gli aiuti umanitari e siano liberati subito gli ostaggi. Che nessuno abbandoni la possibilità di fermare le armi. Cessi il fuoco!”.
Ennesimo, accorato appello di Papa Francesco per la pace ieri, 29 ottobre, al termine dell’Angelus. Le parole del Pontefice hanno raggiunto anche la comunità cristiana di Gaza rifugiata all’interno del complesso parrocchiale della Sacra Famiglia. “Ringraziamo il papa per i suoi appelli, ma mi chiedo chi, tra i potenti della terra, abbia la volontà di ascoltarlo” dichiara al Sir suor Nabila Saleh, che da giorni in parrocchia si prodiga insieme ad altre religiose ad assistere i rifugiati. “Tutti i governanti giocano con il nostro sangue, con quello dei nostri morti, dei nostri bambini, dei nostri anziani”. “È forse questa la giustizia? Cosa vogliono da noi i potenti del mondo? Non hanno cuore. Non c’è un luogo che sia sicuro. Nel pomeriggio di ieri hanno bombardato davanti la parrocchia”. La situazione umanitaria è destinata ad aggravarsi ulteriormente. Rivela suor Saleh: “Ieri Israele ha intimato di evacuare la scuola e il centro culturale della chiesa greco-ortodossa che fornisce aiuto a 3mila persone perché avrebbe intenzione di bombardare. “Adesso ciò che è importante è restare in vita. Piangiamo la morte di tanti nostri studenti e dei loro parenti. Erano giovani educati alla tolleranza, al dialogo, non erano fanatici, erano bravi giovani”.
Tregua umanitaria. Da più parti si invoca un’azione internazionale coordinata per una tregua umanitaria nella Striscia di Gaza. Dalla Casa Bianca arriva la notizia che Joe Biden e il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi si sono “impegnati a una significativa accelerazione e all’aumento dell’assistenza” a Gaza e hanno discusso “dell’importanza di proteggere i civili, rispettare le leggi umanitarie internazionali e assicurare che i palestinesi a Gaza non siano sfollati in Egitto o in altri Paesi”. In una analoga telefonata, ma con il premier israeliano Benjamin Netanyahu, il presidente Usa ha ribadito che “Israele ha tutto il diritto e la responsabilità di difendere i propri cittadini dal terrorismo” ma ha sottolineato il “bisogno di farlo in linea con la legge internazionale umanitaria che metta al primo posto la protezione dei civili”. Dal canto suo Israele si è impegnato a far entrare a Gaza 100 camion di aiuti al giorno attraverso il valico di Rafah. Si tratta di una goccia nell’oceano dei bisogni della popolazione che si aggira tra le macerie di interi quartieri pesantemente danneggiati. Si segnalano razzie di cibo nei magazzini dell’Unrwa a Deir el-Balah (sud di Gaza City), con la polizia di Hamas impegnata a recuperare le quantità saccheggiate. La Mezzaluna rossa palestinese su X accusa Israele di bombardare deliberatamente gli ospedali, in particolare razzi sarebbero stati lanciati, secondo media locali, nella zona dell’ospedale al-Quds, a Tel el-Hawa, per costringere il personale medico, gli sfollati e i pazienti ad evacuare l’ospedale.
Bilancio drammatico. Save the Children ha fornito le cifre dei bambini uccisi in queste tre settimane di guerra, citando i dati diffusi rispettivamente dai ministeri della Sanità di Gaza e Israele: “dal 7 ottobre, sono stati segnalati più di 3.257 bambini uccisi, di cui almeno 3.195 a Gaza, 33 in Cisgiordania e 29 in Israele. A questo già grave bilancio si potrebbero aggiungere circa 1.000 bambini dispersi a Gaza che si presume siano sepolti sotto le macerie”. Ad aiutare la popolazione anche Caritas Jerusalem che dal 1° novembre (e fino al 31 dicembre) farà partire un progetto umanitario rivolto alle circa 1000 persone della parrocchia latina della Sacra Famiglia di Gaza.