Papa Francesco: il mondo ha bisogno di perdono
Nel corso della visita alla Porziuncola per celebrare l'ottavo centenario dell'istituzione del Perdon d'Assisi il Papa ha ricordato come la testimonianza della misericordia nel mondo di oggi sia compito a cui nessuno di noi può sottrarsi
“Voglio mandarvi tutti in paradiso!”. Nella sua meditazione
alla Porziuncola, visitata in occasione dell’ottavo centenario dell’istituzione
del Perdon d’Assisi, papa Francesco è partito dalle parole del Santo di cui ha
scelto, primo Papa nella storia, di portare il nome: “Cosa poteva chiedere di
più bello il Poverello di Assisi, se non il dono della salvezza, della vita
eterna con Dio e della gioia senza fine, che Gesù ci ha acquistato con la sua
morte e risurrezione?”, si è chiesto Francesco a proposito delle parole
pronunciate dal Santo proprio qui, davanti al vescovo e al popolo. “Il
paradiso, d’altronde, che cos’è se non quel mistero di amore che ci lega per
sempre a Dio per contemplarlo senza fine?”, ha ricordato il Papa: “La Chiesa da
sempre professa questa fede quando dice di credere nella comunione dei santi”.
“Non siamo mai soli nel vivere la fede”, ha assicurato Francesco: “Ci fanno
compagnia i santi e i beati, e anche i nostri cari che hanno vissuto con
semplicità e gioia la fede e l’hanno testimoniata nella loro vita”. “C’è un
legame invisibile, ma non per questo meno reale, che ci fa essere un solo
corpo, in forza dell’unico Battesimo ricevuto, animati da un solo Spirito”, ha
ricordato il Papa: “Forse san Francesco, quando chiedeva a Papa Onorio III il
dono dell’indulgenza per quanti venivano alla Porziuncola, aveva in mente
quelle parole di Gesù ai discepoli: ‘Nella casa del Padre mio vi sono molte
dimore. Se no, vi avrei mai detto: Vado a prepararvi un posto? Quando sarò
andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me,
perché dove sono io siate anche voi”.
“È difficile perdonare, quando costa a noi perdonare gli
altri! Che grande regalo ci ha fatto il Signore insegnandoci a perdonare, o
almeno la voglia di perdonare”. Lo ha detto il Papa, a braccio, per spiegare
che “quella del perdono è certamente la strada maestra da seguire per
raggiungere quel posto in Paradiso”. “Abbiamo ascoltato poco fa la parabola con
la quale Gesù ci insegna a perdonare”, ha proseguito Francesco a proposito del
brano scelto per la sua meditazione (Mt 18,21-35): “Perché dovremmo perdonare
una persona che ci ha fatto del male? Perché noi per primi siamo stati
perdonati, e infinitamente di più. La parabola ci dice proprio questo: come Dio
perdona noi, così anche noi dobbiamo perdonare chi ci fa del male. Precisamente
come nella preghiera che Gesù ci ha insegnato, il Padre Nostro, quando diciamo:
‘Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri
debitori’. I debiti sono i nostri peccati davanti a Dio, e i nostri debitori
sono quelli a cui anche noi dobbiamo perdonare”. “Pensiamo, in silenzio, alle
cose brutte che abbiamo fatto e che il Signore ci ha perdonato”, ha proseguito
Francesco ancora a braccio: “È la carezza del perdono, tanto lontano da quel
gesto: ‘me la pagherai!’. Il perdono è un’altra cosa”.
“Ognuno di noi potrebbe
essere quel servo della parabola che ha un grande debito da saldare, ma
talmente grande che non potrebbe mai farcela”. Lo ha detto il Papa,
attualizzando la parabola di Matteo in cui Gesù ci chiede di perdonare
“settanta volte sette”. “Anche noi, quando nel confessionale ci mettiamo in
ginocchio davanti al sacerdote, non facciamo altro che ripetere lo stesso gesto
del servo”, ha proseguito Francesco: “Diciamo: ‘Signore, abbi pazienza con me’.
Sappiamo bene, infatti, che siamo pieni di difetti e ricadiamo spesso negli
stessi peccati. Eppure, Dio non si stanca di offrire sempre il suo perdono ogni
volta che lo chiediamo. È un perdono pieno, totale, con il quale ci dà certezza
che, nonostante possiamo ricadere negli stessi peccati, lui ha pietà di noi e non
smette di amarci”. “Come il padrone della parabola – ha spiegato il Papa – Dio
si impietosisce, cioè prova un sentimento di pietà unito alla tenerezza: è
un’espressione per indicare la sua misericordia nei nostri confronti. Il nostro
Padre, infatti, si impietosisce sempre quando siamo pentiti, e ci rimanda a
casa con il cuore tranquillo e sereno dicendoci che ci ha condonato ogni cosa e
perdonato tutto. Il perdono di Dio non conosce limiti; va oltre ogni nostra
immaginazione e raggiunge chiunque, nell’intimo del cuore, riconosce di avere
sbagliato e vuole ritornare a Lui. Dio guarda al cuore che chiede di essere
perdonato”.
“Quando siamo noi in debito con gli altri, pretendiamo la
misericordia; quando invece siamo in credito, invochiamo la giustizia!”. È l’ammonimento
del Papa, che nella meditazione alla Porziuncola ha affrontato il problema che
nasce “quando noi ci troviamo a confrontarci con un nostro fratello che ci ha
fatto un piccolo torto”. “Tutti noi facciamo così”, ha aggiunto a braccio. “Non
è questa la reazione del discepolo di Cristo e non può essere questo lo stile
di vita dei cristiani”, la denuncia di Francesco: “Gesù ci insegna a perdonare,
e a farlo senza limiti: ‘Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte
sette’. Insomma, quello che ci propone è l’amore del Padre, non la nostra
pretesa di giustizia. Fermarsi a questa, infatti, non ci farebbe riconoscere
come discepoli di Cristo, che hanno ottenuto misericordia ai piedi della Croce
solo in forza dell’amore del Figlio di Dio”. “Non dimentichiamo le parole
severe con le quali si chiude la parabola”, l’invito: “Così anche il mio Padre
celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro
fratello”.
“In questo Anno Santo della
Misericordia diventa ancora più evidente come la strada del perdono possa
davvero rinnovare la Chiesa e il mondo”. Lo ha detto il Papa, al termine della
meditazione alla Porziuncola, in cui ha fatto notare come il perdono di cui san
Francesco si è fato “canale” continua a “generare paradiso”. “Offrire la
testimonianza della misericordia nel mondo di oggi è un compito a cui nessuno
di noi può sottrarsi”, il compito assegnato al Papa – ripetendo la frase due
volte – nell’anno del Giubileo della Misericordia, legato con un “filo rosso”,
grazie a questa visita privata di Bergoglio, al primo Giubileo di Francesco,
che iniziò quando ottocento anni fa venne concessa da Papa Onorio III il dono
dell’indulgenza senza oboli, accessibile cioè anche ai più poveri. “Il mondo ha
bisogno di perdono”, ha esclamato il Papa: “troppe persone vivono rinchiuse nel
rancore e covano odio, perché incapaci di perdono, rovinando la vita propria e
altrui piuttosto che trovare la gioia della serenità e della pace. Chiediamo a
san Francesco che interceda per noi, perché mai rinunciamo ad essere umili
segni di perdono e strumenti di misericordia”.