Papa Francesco è arrivato in Myanmar
Nel corso del suo 21° viaggio apostolico il Pontefice visiterà anche il Bangladesh. Tra i momenti più attesi della visita la Messa che il Papa celebrerà il 30 novembre davanti a 6.000 giovani nella cattedrale di Saint Mary di Yangon
Papa Francesco è in Myanmar, prima tappa del suo 21° viaggio apostolico che poi lo porterà in Bangladesh. Ad accogliere il Papa all'aeroporto internazionale di Yangon, il nunzio apostolico mons. Paul Tschang In-Nam e un Ministro del Presidente della Repubblica Htin Kyaw. Presenti i vescovi del Myanmar e un centinaio di bambini e gruppi etnici in abito tradizionale. Il Papa si è quindi diretto all'arcivescovado di Yangon nella residenza che lo accoglierà nel corso della sua permanenza in Myanmar e qui ha trovato una folla festosa ad aspettarlo.
Dall'aereo che lo conduceva in Myanmar, il Papa ha inviato un telegramma di saluto alle autorità dei Paesi sorvolati. Nel messaggio al Presidente della Repubblica italiana Mattarella, il Pontefice ha detto che prega "per il popolo italiano, affinchè possa guardare al futuro con fiducia e speranza, costruendo il bene comune nell'attenzione ai bisogni di tutti i cittadini". Il Papa ha inviato telegrammi di saluto alle autorità di Croazia, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro, Serbia, Bulgaria, Turchia, Georgia, Azerbaigian, Turkmenistan, Afghanistan, Pakistan e India.
All’arrivo in Myanmar, nonostante il programma della prima giornata non prevedesse momenti ufficiali, per il Papa un incontro a sorpresa, quello con il generale birmano Min Aung Hlaing, comandante in Capo dei Servizi di Difesa. Durante il colloquio - ha informato il direttore della Sala Stampa vaticana, Greg Burke - “si è parlato della grande responsabilità delle autorità del Paese in questo momento di transizione”. Prima di salutarsi il Papa e il generale Min Aung Hlaing si sono scambiati dei doni. Francesco ha donato la Medaglia del Viaggio apostolico, mentre il Generale ha regalato un'arpa a forma di barca ed una ciotola di riso decorata.
Oggi papa Francesco si sposterà con un breve volo interno a Nay Pyi Taw, la capitale del Paese.
Qui avrà due incontri privati, il primo con il Presidente birmano Htin Kyaw e il secondo con Aung San Suu Kyi, oggi Consigliere di Stato e ministro degli Esteri e in passato protagonista di una lunga lotta per la democrazia contro il regime militare, che gli è costata 15 anni di arresti domiciliari e gli è valsa il Nobel per la pace nel ’91.
Al termine dei due incontri, Francesco raggiungerà l’International Convention Center per il primo dei suoi interventi ufficiali davanti ai rappresentanti delle autorità, della società civile e del Corpo diplomatico. Un primo passo per parlare di quella pace interna per il Myanmar che, secondo il magistero di Francesco, non è mai disgiunta dal rispetto dei diritti di tutti e principalmente di chi soffre.
Tra gli appuntamenti più importanti della visita in Myanmar la Messa che il 30 novembre papa Francesco celebrerà prima di partire dall’aeroporto di Yangon per la seconda tappa del viaggio apostolico in Bangladesh, il Papa celebrerà per 6.000 giovani una Messa nella cattedrale di Saint Mary di Yangon.
Già colonia britannica, indipendente dal 1948 come Unione Federale Birmana, nel 1989 ha assunto il nome di Myanmar. Dopo la lunga dittatura (1962-88) del gen. Ne Win, una nuova giunta militare ha assunto il potere e ha indetto nel 1990 libere elezioni per l’Assemblea costituente.
La schiacciante vittoria della Lega nazionale per la democrazia (Nld) ha provocato un nuovo colpo di stato dei militari, che hanno messo fuori legge tutti i partiti, sospeso l’Assemblea e creato un Consiglio di Stato per la restaurazione della legge e dell’ordine (divenuto nel 1997 Consiglio di Stato per la pace e lo sviluppo), sciolto nel 2012, quando i poteri sono passati formalmente alle autorità civili.
Alle elezioni del 2015 l’Nld ha ottenuto una larga maggioranza che gli ha permesso di eleggere il Presidente; Aung San Suu Kyi, guida del partito tenuta per molti anni (1989-95; 2007-10) agli arresti domiciliari, ha ottenuto il ministero degli esteri e la carica di Consigliere di stato. Nel 2008 è stata approvata tramite referendum una nuova Costituzione che ha previsto lo scioglimento del Consiglio di Stato e l’istituzione di un Parlamento composto da Camera delle Nazionalità (168 membri eletti a suffragio diretto e 56 scelti dai militari) e Camera dei Rappresentanti (330 membri eletti e 110 scelti dai militari), entrambe con mandato di 5 anni.
Dal 1948 negli stati occidentali e orientali sono state attive guerriglie di numerose minoranze etniche; anche dopo un accordo di cessate il fuoco nazionale nel 2015 alcune milizie non hanno deposto le armi.