Non si può pregare e odiare
“Quante volte – ha detto a braccio il Papa nell'Udienza– noi vediamo lo scandalo di quelle persone che vanno in chiesa e stanno tutta la giornata lì e poi vivono odiando gli altri o parlando male della gente. Ma allora è meglio non andare in chiesa”. La preghiera cristiana, invece, “non ha altro testimone credibile che la propria coscienza"
“Gesù prende le distanze dalla preghiera dei pagani: ‘Non sprecate parole […]: essi credono di venire ascoltati a forza di parole’. Qui forse Gesù allude a quella ‘captatio benevolentiae’ che era la necessaria premessa di tante preghiere antiche: la divinità doveva essere in qualche modo ammansita da una lunga serie di lodi, anche di preghiera”. Lo ha affermato Papa Francesco, nel corso della catechesi dell’Udienza generale nell’Aula Paolo VI. Il Pontefice ha ricordato la scena del Monte Carmelo con il profeta Elia e i sacerdoti di Baal, che “gridavano, ballavano e chiedevano tante cose perché il loro Dio li ascoltasse, invece Elia stava zitto. E il Signore si rivelò a Elia”. “I pagani pensano – ha spiegato il Papa – che parlando, parlando parlando Dio ascolta”, ma “io penso – ha aggiunto a tanti cristiani che credono che pregare è parlare Dio come un pappagallo, no pregare si fa dal cuore, da dentro”, ha osservato a braccio. “Tu invece – dice Gesù –, quando preghi, rivolgiti a Dio come un figlio a suo padre, il quale sa di quali cose ha bisogno prima ancora che gliele chieda. Potrebbe essere anche una preghiera silenziosa, il ‘Padre nostro’: basta in fondo mettersi sotto lo sguardo di Dio, ricordarsi del suo amore di Padre, e questo è sufficiente per essere esauditi”. “È bello pensare – ha concluso – che il nostro Dio non ha bisogno di sacrifici per conquistare il suo favore! Non ha bisogno di niente, il nostro Dio: nella preghiera chiede solo che noi teniamo aperto un canale di comunicazione con Lui per scoprirci sempre suoi figli amatissimi. E Lui ci ama tanto”.
Il dialogo con Dio. “Il grande segreto che sta alla base di tutto il discorso della montagna” è questo, ha spiegato Papa Francesco, nel corso dell’Udienza generale: “Siate figli del Padre vostro che è nei cieli. Apparentemente questi capitoli del Vangelo di Matteo sembrano essere un discorso morale, sembrano evocare un’etica così esigente da apparire impraticabile, e invece scopriamo che sono soprattutto un discorso teologico”. Il cristiano, ha osservato il Pontefice, “non è uno che si impegna ad essere più buono degli altri: sa di essere peccatore come tutti. Il cristiano semplicemente è l’uomo che sosta davanti al nuovo Roveto Ardente, alla rivelazione di un Dio che non porta l’enigma di un nome impronunciabile, ma che chiede ai suoi figli di invocarlo con il nome di ‘Padre’, di lasciarsi rinnovare dalla sua potenza e di riflettere un raggio della sua bontà per questo mondo così assetato di bene, così in attesa di belle notizie”.
L’insegnamento. Ecco dunque come Gesù introduce l’insegnamento della preghiera del “Padre nostro”: “Lo fa prendendo le distanze da due gruppi del suo tempo. Anzitutto gli ipocriti: ‘Non siate simili agli ipocriti che, nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, amano pregare stando ritti, per essere visti dalla gente’. C’è gente che è capace di tessere preghiere atee, senza Dio: lo fanno per essere ammirati dagli uomini”. “Quante volte – ha detto a braccio – noi vediamo lo scandalo di quelle persone che vanno in chiesa e stanno tutta la giornata lì e poi vivono odiando gli altri o parlando male della gente. Ma allora è meglio non andare in chiesa”. La preghiera cristiana, invece, “non ha altro testimone credibile che la propria coscienza, dove si intreccia intensissimo un continuo dialogo con il Padre: ‘Quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto’”.