La speranza è una provocazione
“Nell’attuale contesto di preoccupazione in cui viviamo e in cui tutto sembra fragile e incerto, parlare di speranza potrebbe sembrare una provocazione”. A sostenerlo è Papa Francesco, nel messaggio per la Quaresima – diffuso oggi sul tema: ”Ecco, noi saliamo a Gerusalemme…(Mt 20,18). Quaresima: tempo per rinnovare fede, speranza e carità” – in cui esorta a “dire parole di incoraggiamento, che confortano, che danno forza, che consolano, che stimolano, invece di parole che umiliano, che rattristano, che irritano, che disprezzano”.
“Vivere una Quaresima di carità vuol dire prendersi cura di chi si trova in condizioni di sofferenza, abbandono o angoscia a causa della pandemia di Covid-19”,
l’appello finale del messaggio, in cui il Papa rilancia il tema dell’”amore sociale” – al centro della sua ultima enciclica Fratelli tutti – come antidoto al “contesto di grande incertezza sul domani” che stiamo attraversando a causa dell’emergenza sanitaria in corso.
“Digiunare vuol dire liberare la nostra esistenza da quanto la ingombra, anche dalla saturazione di informazioni – vere o false – e prodotti di consumo”,
esordisce Francesco: “Facendo esperienza di una povertà accettata – spiega a proposito della prima delle tre pratiche quaresimali – chi digiuna si fa povero con i poveri e ‘accumula’ la ricchezza dell’amore ricevuto e condiviso. Così inteso e praticato, il digiuno aiuta ad amare Dio e il prossimo in quanto, come insegna San Tommaso d’Aquino, l’amore è un movimento che pone l’attenzione sull’altro considerandolo come un’unica cosa con sé stessi”. “Sperare con Lui e grazie a Lui vuol dire credere che la storia non si chiude sui nostri errori, sulle nostre violenze e ingiustizie e sul peccato che crocifigge l’Amore”, osserva il Santo Padre: “significa attingere dal suo Cuore aperto il perdono del Padre”.
“Il tempo di Quaresima è fatto per sperare, per tornare a rivolgere lo sguardo alla pazienza di Dio, che continua a prendersi cura della sua Creazione, mentre noi l’abbiamo spesso maltrattata”, sottolinea Francesco: “È speranza nella riconciliazione”. “Ricevendo il perdono, nel Sacramento che è al cuore del nostro processo di conversione, diventiamo a nostra volta diffusori del perdono”, osserva il Papa: “avendolo noi stessi ricevuto, possiamo offrirlo attraverso la capacità di vivere un dialogo premuroso e adottando un comportamento che conforta chi è ferito”. A volte, per dare speranza, basta essere una “persona gentile”,
come si legge nella Fratelli tutti. Una persona, cioè, “che mette da parte le sue preoccupazioni e le sue urgenze per prestare attenzione, per regalare un sorriso, per dire una parola di stimolo, per rendere possibile uno spazio di ascolto in mezzo a tanta indifferenza”. Di qui l’importanza della carità, che “soffre quando l’altro si trova nell’angoscia: solo, malato, senzatetto, disprezzato, nel bisogno”: col suo dinamismo universale, “può costruire un mondo nuovo, perché non è un sentimento sterile, bensì il modo migliore di raggiungere strade efficaci di sviluppo per tutti”. “La carità è dono che dà senso alla nostra vita e grazie al quale consideriamo chi versa nella privazione quale membro della nostra stessa famiglia, amico, fratello”, sintetizza Francesco: “Il poco, se condiviso con amore, non finisce mai, ma si trasforma in riserva di vita e di felicità. “Ogni tappa della vita è un tempo per credere, sperare e amare”, conclude il Papa.