La preghiera non è una bacchetta magica
“C’è una contestazione radicale alla preghiera, che deriva da una osservazione che tutti facciamo: noi preghiamo, domandiamo, eppure a volte le nostre preghiere sembrano rimanere inascoltate: ciò che abbiamo chiesto – per noi o per gli altri – non si è realizzato”. Lo ha fatto notare il Papa, nella catechesi dell’udienza generale di oggi, nel Cortile di San Damaso. “Se poi il motivo per cui abbiamo pregato era nobile, come può essere l’intercessione per la salute di un malato, o perché cessi una guerra, il non esaudimento ci appare scandaloso”, ha osservato Francesco. “Per esempio con le guerre”, ha proseguito a braccio: “Noi stiamo pregando perché finiscano le guerre in tante parti del mondo – pensiamo allo Yemen Siria, pensiamo alla Siria, che sono Paesi martoriati da anni – preghiamo e non finiscono. Ma come può essere questo?”. “Alcuni smettono perfino di pregare perché, pensano, la loro supplica non è esaudita”, ha sottolineato il Papa: “Se Dio è Padre, perché non ci ascolta? Lui che ha assicurato di dare cose buone ai figli che gliele chiedono, perché non risponde alle nostre richieste?”. “Tutti noi abbiamo esperienza di questo”, ha aggiunto a braccio: “Abbiamo pregato per la malattia di una persona, e poi se ne è andata. Dio non ci ha esaudito: è un’esperienza di tutti noi”.
“La preghiera non è una bacchetta magica, è un dialogo con il Signore”. Ha continuato, a braccio, il Papa; “Il Catechismo ci mette in guardia dal rischio di non vivere un’autentica esperienza di fede, ma di trasformare la relazione con Dio in qualcosa di magico”, ha ricordato Francesco, secondo il quale “quando preghiamo possiamo cadere nel rischio di non essere noi a servire Dio, ma di pretendere che sia Lui a servire noi. Ecco allora una preghiera che sempre reclama, che vuole indirizzare gli avvenimenti secondo il nostro disegno, che non ammette altri progetti se non i nostri desideri”. “Gesù invece ha avuto una grande sapienza mettendoci sulle labbra il Padre nostro”, ha fatto notare il Papa: “È una preghiera di sole domande, come sappiamo, ma le prime che pronunciamo sono tutte dalla parte di Dio. Chiedono che si realizzi non il nostro progetto, ma la sua volontà nei confronti del mondo. Meglio lasciar fare a Lui: ‘Sia santificato il tuo nome, venga il tuo Regno, sia fatta la tua volontà’”. “L’apostolo Paolo ci ricorda che noi non sappiamo nemmeno cosa sia conveniente domandare”, ha detto Francesco: “Noi domandiamo per le nostre necessità, per i nostri bisogni, le cose che noi vogliamo, cosa è più conveniente per noi”.
“Quando preghiamo dobbiamo essere umili: è il primo atteggiamento per andare a pregare”, a raccomandarlo è stato il Papa. “In tanti posti – ha proseguito a braccio – c’è l’abitudine che per andare in chiesa le donne si mettono il velo, prendono l’acqua benedetta. Così dobbiamo dirci, prima della preghiera, che sia quello più conveniente, che Dio mi dia quello che conviene di più – Lui lo sa – perché le nostre parole siano effettivamente delle preghiere e non un vaniloquio che Dio respinge”. “Si può anche pregare per motivi sbagliati”, ha fatto notare il Papa: “Ad esempio, per sconfiggere il nemico in guerra, senza domandarsi che cosa pensa Dio di quella guerra. È facile scrivere su uno stendardo ‘Dio è con noi’; molti sono ansiosi di assicurare che Dio sia con loro, ma pochi si preoccupano di verificare se loro sono effettivamente con Dio”. “Nella preghiera, è Dio che deve convertire noi, non siamo noi che dobbiamo convertire Dio”, il monito di Francesco: “L’umiltà: io vado a pregare, ma tu, Signore, converti il mio cuore perché io chieda quello che sia più conveniente, quello che sia meglio per la mia salute spirituale”.
“Quante volte abbiamo chiesto una grazia, un miracolo e non è accaduto nulla! Poi, col tempo, le cose si sono sistemate, ma secondo il modo di Dio, non secondo quello che volevamo in quel momento”. Lo ha esclamato, a braccio, il Papa. “Il tempo di Dio non è il nostro tempo”, ha spiegato ancora a braccio: “Tuttavia, rimane lo scandalo: quando gli uomini pregano con cuore sincero, quando domandano beni che corrispondono al Regno di Dio, quando una mamma prega per il figlio malato, perché a volte sembra che Dio non ascolti?”. “Per rispondere a questa domanda, bisogna meditare con calma i Vangeli”, il consiglio di Francesco: “I racconti della vita di Gesù sono pieni di preghiere: tante persone ferite nel corpo e nello spirito gli chiedono di essere guarite; c’è chi lo prega per un amico che non cammina più; ci sono padri e madri che gli portano figli e figlie malati… Sono tutte preghiere impregnate di sofferenza. È un immenso coro che invoca: ‘Abbi pietà di noi!’”. “Vediamo che a volte la risposta di Gesù è immediata, invece in qualche altro caso essa è differita nel tempo”, il commento del Papa: “Sembra che Dio non risponda. Pensiamo alla donna cananea che supplica Gesù per la figlia: questa donna deve insistere a lungo per essere esaudita. Ha anche l’umiltà di sentire una parola di Gesù su di lei che sembra un po’ offensiva. Ma a questa donna non importa l’umiliazione, importa la salute della figlia e va avanti. Il coraggio nella preghiera. Oppure pensiamo al paralitico portato dai suoi quattro amici: inizialmente Gesù perdona i suoi peccati e solo in un secondo tempo lo guarisce nel corpo. Dunque, in qualche occasione la soluzione del dramma non è immediata. Anche nella nostra vita, ognuno di noi ha questa esperienza”.
“Il male è signore del penultimo giorno, mai dell’ultimo”. A ricordarlo, a braccio, è stato il Papa, al termine della catechesi dell’udienza di oggi. Il penultimo giorno, ha spiegato Francesco sempre fuori testo, è “il momento in cui è più buia la notte. Lì c’è la tentazione di dire: ho vinto io. Ma il male è il signore del penultimo giorno, e Dio è il Signore dell’ultimo giorno. Perché quello appartiene solo a Dio, ed è il giorno in cui si compiranno tutti gli aneliti umani di salvezza”. “Impariamo questa pazienza, umile, di aspettare la grazia del Signore, di aspettare l’ultimo giorno”, l’invito finale: “Tante volte il penultimo è molto brutto, perché le sofferenze umane sono brutte, ma il Signore c’è. Nell’ultimo Lui risolve tutto”. L’esempio citato dal Papa è la guarigione della figlia di Giairo: “C’è un padre che corre trafelato: sua figlia sta male e per questo motivo chiede l’aiuto di Gesù. Il Maestro accetta subito, ma mentre vanno verso casa succede un’altra guarigione, e poi giunge la notizia che la bambina è morta. Sembra la fine, invece Gesù dice al padre: ‘Non temere, soltanto abbi fede!’. ‘Continua ad avere fede’, perché è la fede che sostiene la preghiera. E, infatti, Gesù risveglierà quella bambina dal sonno della morte. Ma per un certo tempo, Giairo ha dovuto camminare nel buio, con la sola fiammella della fede: ‘Signore, dammi la fede: che la mia fede cresca’, chiede questa grazia. Gesù nel Vangelo dice che la fede sposta le montagne. Avere la fede sul serio”. “Gesù davanti alla fede degli uomini cade vinto, sente una tenerezza speciale davanti a quella fede, e ascolta”, ha commentato Francesco: “Anche la preghiera che Gesù rivolge al Padre nel Getsemani sembra rimanere inascoltata. ‘Se possibile, allontana da me quello che mi aspetta’. Sembra che il Padre non l’abbia ascoltato, il Figlio dovrà bere fino in fondo il calice della passione. Ma il Sabato Santo non è il capitolo finale, perché il terzo giorno c’è la risurrezione”.