La preghiera è il respiro della vita
“Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore!”. È la “preghiera del cuore”, mutuata dall’itinerario spirituale del Pellegrino russo, che ha fatto da filo rosso alla catechesi dell’udienza di oggi. Il Papa, infatti, ha esortato a più riprese i fedeli presenti nel Cortile di San Damaso a ripeterla insieme a lui: “Una semplice preghiera, ma molto bella”, ha commentato a braccio: “Una preghiera che, a poco a poco, si adatta al ritmo del respiro e si estende a tutta la giornata”. “In effetti, il respiro non smette mai, nemmeno mentre dormiamo; e la preghiera è il respiro della vita”, ha affermato Francesco, ricordando che il Catechismo “ci offre bellissime citazioni, tratte dalla storia della spiritualità, che insistono sulla necessità di una preghiera continua, che sia il fulcro dell’esistenza cristiana”. “Il cuore in preghiera”, ha sottolineato il Papa, secondo il quale “c’è un ardore nella vita cristiana, che non deve mai venire meno. È un po’ come quel fuoco sacro che si custodiva nei templi antichi, che ardeva senza interruzione e che i sacerdoti avevano il compito di tenere alimentato. Ecco: ci deve essere un fuoco sacro anche in noi, che arda in continuazione e che nulla possa spegnere”. “E non è facile, ma deve essere così”, ha commentato Francesco, citando San Giovanni Crisostomo, “pastore attento alla vita concreta”, che predicava così: “Anche al mercato o durante una passeggiata solitaria è possibile fare una frequente e fervorosa preghiera. È possibile pure nel vostro negozio, sia mentre comperate sia mentre vendete, o anche mentre cucinate”.
“La preghiera è una sorta di rigo musicale, dove noi collochiamo la melodia della nostra vita”. Lo ha spiegato il Papa, precisando che la preghiera “non è in contrasto con l’operosità quotidiana, non entra in contraddizione con i tanti piccoli obblighi e appuntamenti, semmai è il luogo dove ogni azione ritrova il suo senso, il suo perché e la sua pace. Nella preghiera”. “Certo, mettere in pratica questi principi non è facile”, ha ammesso a braccio Francesco: “Un papà e una mamma, presi da mille incombenze, possono sentire nostalgia per un periodo della loro vita in cui era facile trovare tempi cadenzati e spazi di preghiera. Poi, i figli, il lavoro, le faccende della vita famigliare, i genitori che diventano anziani… Si ha l’impressione di non riuscire mai ad arrivare in capo a tutto. Allora fa bene pensare che Dio, nostro Padre, il quale deve occuparsi di tutto l’universo, si ricorda sempre di ognuno noi. Dunque, anche noi dobbiamo sempre ricordarci di Lui!”.
“È disumano essere talmente assorbiti dal lavoro da non trovare più il tempo per la preghiera. Nello stesso tempo, non è sana una preghiera che sia aliena dalla vita”. È il monito del Papa: “Una preghiera che ci aliena dalla concretezza del vivere diventa spiritualismo, oppure peggio ritualismo”. “Nell’essere umano tutto è binario”, ha fatto notare Francesco: “il nostro corpo è simmetrico, abbiamo due braccia, due occhi, due mani… Così anche il lavoro e la preghiera sono complementari. La preghiera – che è il respiro di tutto – rimane come il sottofondo vitale del lavoro, anche nei momenti in cui non è esplicitata”. “Nel monachesimo cristiano – ha ricordato il Papa – è sempre stato tenuto in grande onore il lavoro, non solo per il dovere morale di provvedere a sé stessi e agli altri, ma anche per una sorta di equilibrio interiore: è rischioso per l’uomo coltivare un interesse talmente astratto da perdere il contatto con la realtà. Il lavoro ci aiuta a rimanere in contatto con la realtà. Le mani giunte del monaco portano i calli di chi impugna badile e zappa. Quando, nel Vangelo di Luca, Gesù dice a Santa Marta che la sola cosa veramente necessaria è ascoltare Dio, non vuol affatto disprezzare i molti servizi che lei stava compiendo con tanto impegno”. Lo stesso Gesù, dopo aver mostrato ai discepoli la sua gloria sul monte Tabor, “non volle prolungare quel momento di estasi, ma scese con loro dal monte e riprese il cammino quotidiano”, ha spiegato Francesco: “Perché quella esperienza doveva rimanere nei cuori come luce e forza della loro fede, anche una luce e forza per i giorni venturi, quelli della passione. Così, i tempi dedicati a stare con Dio ravvivano la fede, la quale ci aiuta nella concretezza del vivere, e la fede, a sua volta, alimenta la preghiera, senza interruzione. In questa circolarità fra fede, vita e preghiera, si mantiene acceso quel fuoco dell’amore cristiano che Dio si attende da ciascuno di noi”. “E ripetiamo la preghiera semplice e tanto bella da ripetere durante il giorno”, la conclusione a braccio dell’udienza, a proposito della preghiera del cuore che ha fatto da filo conduttore: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore”. “Dilla questa preghiera, continuamente, ti aiuterà nell’unione con Gesù”, l’invito a braccio rivolto a ciascuno di noi.