La guerra cresce, preghiamo per la pace
“Preghiamo per la pace”. A ripeterlo, a più riprese, è stato Papa Francesco, durante i saluti ai fedeli di lingua italiana che come di consueto concludono l’appuntamento del mercoledì in piazza San Pietro. “La guerra cresce”, ha detto il Papa: “Pensiamo ai Paesi che soffrono tanto: la martoriata Ucraina, la Palestina, Israele, il Myanmar, il Nord Kivi e tanti Paesi che sono in guerra”. “Preghiamo per la pace”, ha proseguito: “La pace è un dono dello Spirito, e la guerra sempre, sempre, sempre è una sconfitta. Nella guerra nessuno vince, tutti perdono. Preghiamo per la pace”. “Ieri ho visto che sono state mitragliate 150 persone innocenti”, ha rivelato Francesco, che poi si è chiesto:
“Cosa c’entrano nella guerra i bambini, le famiglie? Sono le prime vittime. Preghiamo per la pace”.
“Mi scuso di leggere così male, ma il sole negli occhi non è una cosa facile per leggere”, l’esordio a braccio della catechesi, svoltasi in una piazza San Pietro particolarmente assolata e dedicata al sacramento della Cresima, che “per antonomasia è il sacramento dello Spirito Santo”. “Nel Nuovo Testamento, oltre il battesimo con l’acqua, si trova menzionato un altro rito, quello della imposizione delle mani, che ha lo scopo di comunicare visibilmente e in modo carismatico lo Spirito Santo, con effetti analoghi a quelli prodotti sugli apostoli a Pentecoste”, ha ricordato il Papa, citando gli Atti degli Apostoli e San Paolo. “Il tema dello Spirito Santo come sigillo regale con cui Cristo contrassegna le sue pecorelle è alla base della dottrina del carattere indelebile conferito da questo rito”, ha spiegato Francesco: “Con il passare del tempo, il rito dell’unzione si configurò come Sacramento a sé stante, assumendo forme e contenuti diversi nelle varie epoche e nei diversi riti della Chiesa”.
“Quello che il Sacramento della Cresima è nella comprensione della Chiesa, mi sembra descritto, in modo semplice e chiaro, dal Catechismo degli adulti della Conferenza episcopale italiana”,
l’omaggio del Papa, che ha citato testualmente il brano della Cei, che dice così: “La Confermazione è per ogni fedele ciò che per tutta la Chiesa è stata la Pentecoste. Essa rafforza l’incorporazione battesimale a Cristo e alla Chiesa e la consacrazione alla missione profetica, regale e sacerdotale. Comunica l’abbondanza dei doni dello Spirito. Se dunque il battesimo è il sacramento della nascita, la cresima è il sacramento della crescita. Per ciò stesso è anche il sacramento della testimonianza, perché questa è strettamente legata alla maturità dell’esistenza cristiana”.
“Il problema è come fare perché il sacramento della Cresima non si riduca, in pratica, a una estrema unzione, cioè al sacramento della dipartita dalla Chiesa”,
il grido d’allarme del Pontefice. “Si dice che è il sacramento dell’addio – ha commentato braccio – perché una volta che i giovani la fanno se ne vanno e torneranno poi per il matrimonio, così dice la gente”. “Ma dobbiamo fare che sia il sacramento dell’inizio di una partecipazione attiva alla sua vita”, l’invito: “È un traguardo che ci può sembrare impossibile vista la situazione in atto un po’ in tutta la Chiesa, ma non per questo dobbiamo smettere di perseguirlo. Non sarà così per tutti i cresimandi, ragazzi o adulti, ma è importante che lo sia almeno per alcuni che poi saranno gli animatori della comunità”. “Farsi aiutare, nella preparazione al sacramento, da fedeli laici che hanno avuto un incontro personale con Cristo e hanno fatto una vera esperienza dello Spirito”, la raccomandazione papale: “Alcune persone dicono di averla vissuta come uno sbocciare in loro del sacramento della Cresima ricevuto da ragazzi. Ma questo non riguarda solo i futuri cresimandi; riguarda tutti noi e in ogni momento”.
“Rimuovere la cenere dell’abitudine e del disimpegno,
diventare, come i tedofori alle Olimpiadi, portatori della fiamma dello Spirito”.
È il “bel traguardo per l’anno giubilare”, additato dal Papa al termine della catechesi. “Insieme con la confermazione e l’unzione – ha sottolineato sulla scorta di San Paolo – abbiamo ricevuto anche la caparra dello Spirito Santo. Dobbiamo spendere questa caparra, non seppellire sotto terra i carismi e i talenti ricevuti”. San Paolo esortava il discepolo Timoteo a “ravvivare il dono di Dio, ricevuto mediante l’imposizione delle mani”, ha osservato Francesco, “e il verbo usato suggerisce l’immagine di chi soffia sul fuoco per ravvivarne la fiamma”. “Ecco un bel traguardo per l’anno giubilare!”, ha esclamato il Papa: “Rimuovere la cenere dell’abitudine e del disimpegno, diventare, come i tedofori alle Olimpiadi, portatori della fiamma dello Spirito. Che lo Spirito ci aiuti a muovere qualche passo in questa direzione!”.