L’età non conta...
Per mons. Giorgio Biguzzi, saveriano, vescovo emerito di Makemi in Sierra Leone, gli 80 anni del Papa non contano nulla al cospetto della freschezza del suo linguaggio e dei suoi gesti
Nonostante l’aggettivo “emerito” che da qualche anno si accompagna al titolo di vescovo, mons. Giorgio Biguzzi (nella foto), 80 anni, nato a Cesena ma bresciano di adozione, continua a essere molto attivo. E questo lo avvicina molto al “coetaneo” papa Francesco. Per questo “Voce” lo ha intervistato.
Come fa una persona di 80 anni, ormai in quella fase in cui sarebbe naturale riposarsi, a trovare forze sempre nuove per guidare una barca impegnativa come quella della Chiesa universale?
Penso che tutto parta da dentro. Quando una persona è animata dal fuoco di Cristo l’età non conta nulla. Importantissima è anche la consapevolezza dei propri limiti, ma che non diventa però un freno all’azione. L’età è solo un fattore anagrafico e papa Francesco lo sta dimostrando.
Guardando a papa Francesco e al suo pontificato si pensa a tutto fuorché all’età. Cosa c’è in lui di estremamente giovane?
Sicuramente c’è la freschezza e la novità di un linguaggio a cui nessuno, prima della sua elezione, era abituato. Chi prima di lui aveva parlato di Chiesa in uscita, ospedale da campo, di condanna della cultura dello scarto, di periferie dello scarto? Lo stesso vale anche per i gesti, altri validi strumenti di comunicazione. La lavanda dei piedi dei carcerati a pochi giorni dalla sua elezione, la visite e gli incontri al di fuori di qualsiasi cerimoniale, il viaggio a Lampedusa, scelta perché gli era stata suggerita dal cuore come vicinanza ai poveri, vera carne di Cristo, e tanto altro ancora. Ecco, tutte queste cose raccontano di una freschezza, di una giovinezza interiore che affascina gran parte della Chiesa e del mondo. Per questo sono oggi più convinto che mai che papa Francesco sia un grande dono di Dio alla Chiesa e al mondo intero.
Eccellenza, lei ha vissuto in una delle zone più tribolate del mondo, laddove, dove si sta combattendo parte di quella terza guerra mondiale a pezzi che il Papa non si stanca di denunciare, anche se spesso sembra solo. La sua è un’“impuntatura” tipica delle persone di una certa età?
No, non si tratta di quella che lei definisce un’impuntatura. Il vissuto di papa Francesco, che ancora sfugge agli europei, e la sua esperienza fanno riferimento a un modello di Chiesa che naturalmente prende posizione contro situazioni di ingiustizie e di povertà di diversa natura. Tutto questo l’ha portato a visitare tre nazioni africane in cui si combatte un segmento di quella terza guerra mondiale “a pezzi”, e ad aprire il giubileo della misericordia nella Repubblica centrafricana dilaniata dalla guerra. C’è un proverbio africano molto bello che dice che un anziano seduto vede più lontano di un giovane in piedi. Credo che la cultura africana, tra l’altro molto religiosa e che più dei discorsi coglie le intenzioni e i gesti, coglie benissimo questo aspetto di un Papa oggettivamente non più giovane ma che è dotato di uno sguardo che sa arrivare molto lontano.
C’è un augurio particolare che, da coetaneo, vuole far giungere a papa Francesco?
L’augurio che mi piacerebbe far giungere a papa Francesco è quello di continuare sulla strada intrapresa, perché sta guidando la Chiesa con la gioia del Vangelo, ricordandogli che la giovinezza è prima di tutto una predisposizione del cuore.