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Roma
di M. MICHELA NICOLAIS 25 dic 2024 00:39

Il dono e l'impegno di portare speranza

Papa Francesco ha aperto la Porta Santa della basilica di San Pietro. Inizia così ufficialmente il 27° Giubileo ordinario della storia della Chiesa, che proseguirà tutto l’anno, fino all’Epifania del 2026, sul tema: “Pellegrini di speranza”. Il Papa è arrivato nell’atrio della basilica alla testa di un corteo di cardinali, vescovi, preti, al canto del “Jubilate Deo” e del “Veni Creator Spiritus”. Dopo la lettura del Vangelo di Giovanni – “Io sono la porta, dice il Signore, se uno entra attraverso di me, sarà salvato” – ha pronunciato la frase “Aperite mihi portas iustitiae” (apritemi la porta della giustizia), poi ha spinto leggermente le ante facendole spalancare mentre si genufletteva appoggiandosi alla Ferula, il bastone pastorale. Dopo un momento di raccoglimento in preghiera silenziosa, ha attraversato la Porta Santa da primo pellegrino per entrare in basilica, al suono delle campane della basilica. Dietro di lui i ministri, alcuni rappresentanti del popolo di Dio provenienti dai cinque continenti e da alcuni concelebranti. Tutti insieme si sono diretti verso l’altare della Confessione per l’inizio della messa nella Notta di Natale, con il Coro della Sistina che intonava il Te Deum Laudamus.

“Con l’apertura della Porta Santa abbiamo dato inizio a un nuovo Giubileo: ciascuno di noi può entrare nel mistero di questo annuncio di grazia. Questa è la notte in cui la porta della speranza si è spalancata sul mondo; questa è la notte in cui Dio dice a ciascuno: c’è speranza anche per te!”. Ad assicurarlo è stato Papa Francesco, nell’’omelia della messa della Notte di Natale presieduta nella basilica di San Pietro, dopo il rito dell’apertura della Porta Santa che ha segnato ufficialmente l’avvio del Giubileo del 2025, “Pellegrini di speranza”. Primo tra i pellegrini, Francesco, sulla sedia a rotelle, ha spinto la Porta che già da domani mattina potranno attraversare decine di milioni di persone, chiamate ad essere “pellegrini di luce nelle tenebre del mondo”, nelle “desolazioni” del nostro tempo: “pensiamo alle guerre, ai bambini mitragliati, alle bombe sulle scuole e sugli ospedali”. Perché la speranza cristiana, ha spiegato Bergoglio, “non è un lieto fine da attendere passivamente: è la promessa del Signore da accogliere qui e ora, in questa terra che soffre e che geme”. La speranza cristiana, fondata su Gesù che è la Porta, ci chiede “di non indugiare, di non trascinarci nelle abitudini, di non sostare nelle mediocrità e nella pigrizia”. “Ci chiede – direbbe Sant’Agostino – di sdegnarci per le cose che non vanno e avere il coraggio di cambiarle; ci chiede di farci pellegrini alla ricerca della verità, sognatori mai stanchi, donne e uomini che si lasciano inquietare dal sogno di Dio, il sogno di un mondo nuovo, dove regnano la pace e la giustizia”.

“La speranza cristiana è proprio il ‘qualcos’altro’ che ci chiede di muoverci ‘senza indugio’”, la citazione di “un bravo prete”, don Alessandro Pronzato: “ci invita a riscoprire la gioia dell’incontro con il Signore, ci chiama al rinnovamento spirituale e ci impegna nella trasformazione del mondo, perché questo diventi davvero un tempo giubilare”. L’elenco stilato da Francesco, sotto forma di implorazione, è lungo e dettagliato: “lo diventi per la nostra madre Terra, deturpata dalla logica del profitto; lo diventi per i Paesi più poveri, gravati da debiti ingiusti; lo diventi per tutti coloro che sono prigionieri di vecchie e nuove schiavitù”. ”A noi, tutti, il dono e l’impegno di
portare speranza là dove è stata perduta”, la consegna del Papa: “dove la vita è ferita, nelle attese tradite, nei sogni infranti, nei fallimenti che frantumano il cuore; nella stanchezza di chi non ce la fa più, nella solitudine amara di chi si sente sconfitto, nella sofferenza che scava l’anima; nei giorni lunghi e vuoti dei carcerati, nelle stanze strette e fredde dei poveri, nei luoghi profanati dalla guerra e dalla violenza”.

“Impariamo dall’esempio dei pastori”, l’invito: “la speranza che nasce in questa notte non tollera l’indolenza del sedentario e la pigrizia di chi si è sistemato nelle proprie comodità; non ammette la falsa prudenza di chi non si sbilancia per paura di compromettersi e il calcolo di chi pensa solo a sé stesso; è incompatibile col quieto vivere di chi non alza la voce contro il male e contro le ingiustizie consumate sulla pelle dei più poveri. Al contrario, la speranza cristiana, mentre ci invita alla paziente attesa del Regno che germoglia e cresce, esige da noi l’audacia di anticipare oggi questa promessa, attraverso la nostra responsabilità e la nostra compassione”.

“Il Giubileo si apre perché a tutti sia donata la speranza del Vangelo, la speranza dell’amore, la speranza del perdono”, ha sintetizzato Francesco. “E guardando al presepe, alla tenerezza di Dio che si manifesta nel volto del Bambino Gesù – ha proseguito il Papa prendendo a prestito le parole del cardinale Martini – ci chiediamo: “C’è nel nostro cuore questa attesa? C’è nel nostro cuore questa speranza? Contemplando l’amabilità di Dio che vince le nostre diffidenze e le nostre paure, contempliamo anche la grandezza della speranza che ci attende. Che questa visione di speranza illumini il nostro cammino di ogni giorno”. “Sorella, fratello, in questa notte è per te che si apre la ‘porta santa’ del cuore di Dio”, le parole rivolte idealmente a ciascuno di noi: “Gesù, Dio-con-noi, nasce per te, per noi, per ogni uomo e ogni donna. E con lui fiorisce la gioia, con lui la vita cambia, con lui la speranza non delude”. Il Giubileo inizia, il Giubileo continua. Perché – come scrive Francesco nella Spes non confundit, la bolla di indizione dell’Anno Santo – “tutti sperano. Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porta con sé”.



Foto Siciliani-Gennari/SIR

M. MICHELA NICOLAIS 25 dic 2024 00:39