Francesco: questa non è guerra, è terrorismo
“Non dimentichiamo di perseverare nella preghiera per quanti soffrono a causa delle guerre in tante parti del mondo, specialmente per le care popolazioni dell’Ucraina, la martoriata Ucraina, di Israele e della Palestina”. È l’appello di Papa Francesco al termine dell’udienza di oggi, durante i saluti ai fedeli di lingua italiana. “Questa mattina ho ricevuto due delegazioni, una di israeliani che hanno parenti con ostaggi a Gaza e un’altra di palestinesi che hanno dei parenti prigionieri in Israele”, ha rivelato il Papa ai fedeli riguardo a quanto è accaduto prima dell’udienza del mercoledì. “Loro soffrono tanto”, ha proseguito: “E ho sentito come soffrono ambedue”.
“Le guerre fanno questo, ma qui siamo andati oltre le guerre”, la denuncia del Papa: “Questo non è guerra, è terrorismo”.
“Per favore, andiamo avanti per la pace, pregate tanto per la pace”, l’invito ai fedeli: “Che il Signore metta mano lì, che il Signore ci aiuti a risolvere i problemi e a non andare avanti con le passioni che alla fine uccidono tutti. Preghiamo per il popolo palestinese, preghiamo per il popolo israeliano, perché venga la pace”.
“L’annuncio cristiano è gioia per tutti”, e i cristiani non sono dei “privilegiati”,
l’esordio della catechesi pronunciata in piazza San Pietro e dedicata a questo tema. “Quando incontriamo veramente il Signore Gesù, lo stupore di questo incontro pervade la nostra vita e chiede di essere portato al di là di noi”, ha spiegato Francesco: “Questo egli desidera, che il suo Vangelo sia per tutti. In esso, infatti, c’è una potenza umanizzatrice, un compimento di vita che è destinata ad ogni uomo e ogni donna, perché per tutti Cristo è nato, è morto, è risorto. Per tutti, nessuno escluso”. Poi la citazione dell’Evangelii gaudium, che in questi giorni compie dieci anni: “Tutti hanno il diritto di ricevere il Vangelo. I cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno, non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile. La Chiesa non cresce per proselitismo ma per attrazione”. “Sentiamoci al servizio della destinazione universale del Vangelo – è per tutti – e distinguiamoci per la capacità di uscire da noi stessi”, l’invito del Papa, secondo il quale “un annuncio, per esser vero annuncio, deve uscire dall’egoismo proprio” e deve avere “la capacità di superare ogni confine”.
“I cristiani si ritrovano sul sagrato più che in sacrestia, e vanno per le piazze e per le vie della città”,
ha raccomandato Francesco: “I cristiani devono essere aperti ed espansivi, i cristiani devono essere estroversi, e questo loro carattere viene da Gesù, che ha fatto della sua presenza nel mondo un cammino continuo, finalizzato a raggiungere tutti, persino imparando da certi suoi incontri”. A questo proposito, il Papa ha citato l’episodio evangelico che narra “il sorprendente incontro di Gesù” con una donna cananea che lo supplica di guarire la figlia malata. “Questo incontro con questa donna ha qualcosa di unico”, ha spiegato il Papa: “Non solo qualcuno fa cambiare idea a Gesù, e si tratta di una donna, straniera e pagana; ma il Signore stesso trova conferma al fatto che la sua predicazione non debba limitarsi al popolo a cui appartiene, ma aprirsi a tutti”.
“Noi non possiamo dire che siamo privilegiati nei confronti degli altri: la chiamata è per un servizio, e Dio sceglie uno per arrivare a tutti”, il monito a braccio, insieme all’esortazione a “prevenire la tentazione di identificare il cristianesimo con una cultura, con un’etnia, con un sistema. Non è un gruppetto di eletti di prima classe: Dio sceglie qualcuno per chiamare tutti. Questo orizzonte dell’universalità.
Il Vangelo non è solo per me, è per tutti,
non lo dimentichiamo”. “La Bibbia ci mostra che quando Dio chiama una persona e stringe un patto con alcuni il criterio è sempre questo: elegge qualcuno per raggiungere altri”, ha ricordato il Papa: “Questo è il criterio di Dio, della chiamata di Dio. Tutti gli amici del Signore hanno sperimentato la bellezza ma anche la responsabilità e il peso di essere scelti da lui. Tutti hanno provato lo scoraggiamento di fronte alle proprie debolezze o la perdita delle loro sicurezze. Ma la tentazione più grande è quella di considerare la chiamata ricevuta come un privilegio: per favore no,
la chiamata non è un privilegio, mai!”.