Francesco pellegrino di pace in Colombia
Il Papa è arrivato nella capitale Bogotà accolto dal calore e dall'affetto di un intero Paese. Le attese di tutti i colombiani, confermate da mons. Ortega, presidente della locale Conferenza episcopale, per una visita che potrebbe destinata a incidere positivamente sul processo di pace avviato nei mesi scorsi
Papa Francesco è arrivato ieri in Colombia, poco dopo le 16 ora locale, nel primo giorno del suo 20° viaggio apostolico. Papa Francesco è sceso dalla scaletta dell’aereo alla base Catam dello scalo di Bogotá, leggermente in anticipo rispetto all’orario previsto nonostante il cambio di rotta deciso per evitare l’uragano Irma. L’abbraccio con la Colombia è stato spontaneo. Il presidente Juan Manuel Santos Calderón e la moglie lo hanno accolto, accompagnati dal nunzio apostolico, Ettore Balestrero; subito dopo il saluto di alcuni bambini: il primo è Emmanuel, figlio di Clara Rojas, oggi parlamentare, sequestrata nel 2002 e ostaggio per anni delle Farc nella selva colombiana, dov’è nato il piccolo. Ha offerto al Pontefice una colomba in porcellana bianca.
Quindi la presentazione delle delegazioni, mentre dei giovani hanno eseguito danze folcloristiche. Poi il saluto affettuoso del Papa a un gruppo di malati e disabili: sono soprattutto bambini, ma anche civili e militari, vittime del conflitto. Una carezza, un selfie, il pollice verso l’alto, per tutti un sorriso.
L’applauso dei circa mille fedeli presenti si è unito a quello delle centinaia di migliaia presenti lungo il percorso della papamobile. Quindici chilometri fino alla nunziatura, accompagnato dal cardinale Rubén Salazar Gómez, arcivescovo di Bogotá e presidente del Consiglio episcopale latinoamericano. A “scortare” il Papa, due ali di folla che in più di un tratto hanno rallentato - fino a fermare per qualche istante - il tragitto, superando i cordoni di sicurezza.
All’arrivo, all’esterno della rappresentanza diplomatica della Santa Sede papa Francesco ha trovato ad attenderlo un gruppo di fedeli che eseguito canti e danze tradizionali. Tra loro, alcuni bambini e ragazzi con alle spalle esperienze di vita da strada, di droga, di disagio. Al Pontefice hanno donato, oltre che una “ruana colombiana”, il tipico poncho locale, la loro gioia. Francesco li ha esortati a “non perderla” mai, assieme alla speranza: che nessuno - aggiunge prima di congedarsi - “vi inganni né vi rubi la speranza”.
Sentimenti, gioia e speranza, ripresi dal presidente Santos in una dichiarazione in sala stampa a fine giornata, in cui evidenzia che questo è il “momento di costruire la pace”.
Questo solo il primo abbraccio dato a papa Francesco da un Paese che ha riposto in questa visita molte speranze, come conferma in questa intervista il presidente della Conferenza episcopale mons. Oscar Urbina Ortega, convinto che la presenza del Pontefice possa contribuire a dare forza a un processo di pace che è stato faticosamente intrapreso nei mesi scorsi.
Mons. Ortega è anche l’arcivescovo di Villavicencio, dove l’8 settembre papa Francesco vivrà la giornata forse più intensa e commovente della visita in Colombia, il grande incontro di preghiera per la riconciliazione nazionale
Eccellenza, come il Paese e la Chiesa colombiana stanno vivendo la visita del Papa?
Il popolo ha accolto con molta gioia questa notizia. Teniamo conto che la Colombia è un Paese di grande tradizione e maggioranza cattolica. È un grande segno di gioia e di speranza per il Paese. La sua parola, la sua presenza e la sua testimonianza sono molto importanti dentro questo cammino.
Riconciliazione è forse la parola chiave di questo viaggio, il cui slogan è “Demos el primer paso”, facciamo il primo passo. Perché la riconciliazione è così importante?
Noi siamo all’inizio di un processo. La pace non nasce soltanto perché si gettano via le armi. Occorre appunto un cammino di riconciliazione che coinvolga tutta la società, attraverso il quale la memoria delle vittime possa essere per così dire sanata. È un processo di perdono, che va accompagnato e incoraggiato. Il perdono è necessario e, a partire da questo, è possibile ricostruire il tessuto sociale. Per questo invitiamo tutti a “compiere il primo passo” ed è importante fare questo passo assieme al Papa, che tanto desidera la pace.
Quello della pace però è un cammino lento e controverso, il Paese appare diviso, polarizzato.
Sì, la polarizzazione c’è, il problema è che la stessa pace è stata politicizzata. Ma sappiamo che il cammino si deve percorrere e superare. E lo si fa innanzitutto riconoscendo l’altro, l’altra persona come fratello e figlio di Dio. Dobbiamo far diventare la società colombiana come un poliedro, con tante facce, tante diversità… ma senza rinunciare a fare unità e a costruire un progetto comune per il Paese.
Si è parlato di diversi punti di vista anche dentro la Chiesa colombiana.
I vescovi colombiani sono uniti, e lo sono attorno a figure come quella di mons. Jaramillo, il vescovo ucciso nel suo impegno per la pace.
La Colombia avrà appunto due nuovi “patroni”, i martiri che saranno beatificati da papa Francesco…
Loro ci aiuteranno. Il vescovo Jesús Emilio Jaramillo Monsalve e don Pedro María Ramírez Ramos hanno lottato per l’unità e per la pace. Penso al grande lavoro fatto dal vescovo Jaramillo in Arauca con i contadini, per far uscire il suo popolo dalla povertà, la sua continua presenza nel territorio. Le vite e le testimonianze dei due martiri sono molto importanti per noi vescovi, per i sacerdoti, per tutti i fedeli.
Il rito di beatificazione avverrà l’8 settembre a Villavicencio, la diocesi dove lei è arcivescovo. Come state attendendo quel giorno?
Sarà una giornata davvero importante. La nostra è una terra che deve ancora svilupparsi molto. Quella del dipartimento del Meta è una terra bagnata dal sangue di tante vittime. Vivremo il cuore del messaggio che il Papa viene a portare:
“Lasciatevi riconciliare con Dio, con i fratelli e con il creato”.
Credo che sia questo l’invito centrale della visita di Francesco. Ci aspettiamo molto da quella giornata, durante la quale vivremo due momenti storici: al mattino la messa di beatificazione, al pomeriggio il grande incontro di preghiera per la riconciliazione nazionale nel Parque Las Malocas.
Come sta procedendo, a suo avviso, il processo di pace con le Farc, mentre nel Paese non cessano le violenze contro leader sociali da parte della Bande criminali?
Indubbiamente il conflitto è calato, un gruppo minoritario di guerriglieri non ha aderito al processo di pace, ma in linea di massima l’applicazione dell’accordo sta andando avanti. Il mio giudizio è nel complesso positivo. Alcuni episodi e resistenze sono comprensibili, dopo un conflitto così lungo. Sono molti gli ex guerriglieri che hanno iniziato a studiare e inizieranno il loro reinserimento sociale.