Welfare territoriale
Sei governi hanno prodotto cinque diverse misure di contrasto alla povertà. Il Sia (sostegno per l’inclusione attiva), il Rei (reddito di inclusione), il RdC (reddito di cittadinanza), il Rem (reddito di emergenza) e ora la Mia (misura di inclusione attiva). Non sono tutte uguali: non hanno tutte la stessa genesi, non tutte la stessa dotazione finanziaria e infatti gli esiti sono differenti. In realtà non sarebbe difficile fare tesoro di tutti questi precedenti per disegnare la miglior misura possibile sostenibile: quella stabile, duratura. C’è anche una questione di metodo: molte organizzazioni della società civile si sono impegnate per studiare il miglior provvedimento possibile e renderlo universale ed efficace: citiamo ad esempio la Caritas e l’Alleanza contro la povertà.
Aprirsi a queste realtà significherebbe disporre di un patrimonio di competenze, di conoscenze, di esperienze particolarmente utili al Governo. La misura che sarà promossa sembra essere una versione ridotta del Reddito di cittadinanza. Si riduce il requisito Isee da 9.360 euro annuali a 7.200 per accedere alla misura; si riduce l’entità del sussidio mediamente del 25%; si ampliano le possibilità di accesso per gli stranieri; si distinguono gli “occupabili” dai “non occupabili” in modo meccanico a seconda della presenza di minori, persone con disabilità od over-60. La riduzione del sussidio a una media mensile di 375 euro è molto più bassa della media precedente: ma come la precedente non si avvicina alla soglia che, per l’Istat, distingue la povertà assoluta dalla povertà relativa. Insomma meglio per gli stranieri che per gli italiani, ma lontani da ciò che veramente servirebbe, ossia una misura capace di offrire un reddito minimo reale, una misura flessibile.
Il punto, infatti, è accompagnare i poveri nelle differenti traiettorie di vita sia con un sussidio adeguato alla vita vera sia con un welfare territoriale capace di intervenire nel modo giusto, integrando il sociale col sanitario, il previdenziale con l’educativo, il lavorativo col tema della casa. Non dobbiamo infatti dimenticare che per uscire dalla povertà non basta un sussidio – peraltro insufficiente, secondo le bozze che girano – perché più importanti sono i servizi di welfare territoriale, che consentono alla persona di essere seguita per fuoriuscire dai percorsi di povertà. Tocca alla politica esprimere una forte volontà di intervento perché è difficile che questa spinta provenga dai poveri. La povertà è una cartina di tornasole dell’altruismo politico.