Vulnerabili e senza voce
“Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”. Le parole di Gesù sono chiare, inequivocabili. È a partire da questa citazione evangelica che papa Francesco indirizza il suo messaggio alla Chiesa in occasione della prossima Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato di domenica 15 gennaio.
“Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato”. Le parole di Gesù sono chiare, inequivocabili. È a partire da questa citazione evangelica che papa Francesco indirizza il suo messaggio alla Chiesa in occasione della prossima Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato di domenica 15 gennaio. Il tema è quello dei migranti minorenni non accompagnati. I minorenni migranti hanno bisogno come ogni bambino, ragazzo e adolescente, di un ambiente sano in cui crescere, di genitori e di una famiglia in cui sentirsi accolti, di una scuola che possa prepararli ad affrontare il mondo che li aspetta. Bisogni che non sono altro che quelli di tutti i bambini e ragazzi ad ogni latitudine del mondo: e pur tuttavia sono spesso disattesi, soprattutto per quanti vivono la migrazione, proprio perché lasciati soli ad affrontare non solo il viaggio migratorio, ma lo stesso percorso della vita che li vede in questo momento come ricorda il Papa “stranieri e inermi, quando, per varie ragioni, sono forzati a vivere lontani dalla loro terra d’origine e separati dagli affetti familiari”. Cosa fa la Chiesa per loro? Cosa fanno le nostre chiese locali? Il Papa propone alcune piste di riflessione e azione: protezione, integrazione e soluzioni durature.
Protezione, che è occasione innanzitutto di denuncia delle storture della nostra società, che non è ancora in grado di vincere lo sfruttamento minorile e persino il traffico di minori. Protezione che non può prescindere dall’apporto stesso dei migranti sia nel risolvere quella che potremmo definire la piaga della migrazione minorile forzata, come anche per instaurare un clima di integrazione, che si realizza nell’accoglienza, nell’assistenza e nell’inclusione, come presa in carico dei minori migranti e del loro inserimento sociale. Non può essere un programma di rimpatrio sicuro o di impedimento degli ingressi l’unico strumento per affrontare tale delicata situazione. Come sappiamo, poi, le soluzioni durature sono quelle che tengono conto della situazione internazionale, senza mancare di denunciare le dimensioni negative della globalizzazione, a cui si connettono i conflitti locali, nazionali e internazionali, la violenza, la miseria e le condizioni ambientali; criminalità, abusi, guerre, violazioni dei diritti umani, corruzione, povertà, squilibri e disastri ambientali sono spesso alla radice del fenomeno migratorio motivato non tanto dall’aspirazione a passare da una vita fatta di mediocrità a una vita caratterizzata dall’eccellenza, una vita degna di questo nome, quanto piuttosto dalla ricerca di una terra in cui poter almeno sopravvivere.
Anche come Chiesa bresciana siamo chiamati a trovare soluzioni concrete, condivise (perché solo in un lavoro di rete si potrà trovare la chiave di volta che riesca a intervenire in modo significativo nelle dimensioni problematiche del fenomeno), senza venir meno al compito di mostrare, raccontare, far conoscere gli aspetti positivi della migrazione e le possibilità positive che essa implica. Moltissimo abbiamo fatto, tanto resta da fare. Brescia è per tanti versi un modello di impegno comune fattivo tra Chiesa, istituzioni e società civile per l’accoglienza, la gestione e l’integrazione dei migranti a cui tanti guardano. Porre un segno in più verso i più piccoli, i minori e i meno tutelati darà a questo impegno un valore ancora più grande.