Votare per la pace
L’aggressione della Russia all’Ucraina sta innescando una nuova corsa agli armamenti. I paesi della Nato, tra cui l’Italia, hanno colto al balzo l’occasione per portare la spesa militare al due percento del proprio prodotto interno lordo (Pil): quello che era un semplice accordo informale assunto nel 2006 dai ministri della Difesa diverrà così presto una realtà nonostante nessun governo abbia mai spiegato la necessità di questa misura.
Il commento di papa Francesco è stato lapidario. «Io mi sono vergognato quando ho letto che un gruppo di Stati si sono compromessi a spendere il 2 per cento del Pil per l’acquisto di armi come risposta a questo che sta accadendo, pazzi!» ha detto il Pontefice durante l’udienza al Centro Femminile Italiano. «La vera risposta non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo, non facendo vedere i denti, un modo ormai globalizzato, e di impostare le relazioni internazionali».
Il governo Draghi, che nell’ultimo mese avrebbe dovuto limitare le proprie attività agli “affari correnti”, è riuscito a far approvare alle Commissioni Difesa delle Camere 21 nuovi programmi di riarmo con un investimento pluriennale di 12,5 miliardi di euro e che nelle fasi successive arriverà ad oltre 22 miliardi: il sito dell’Osservatorio Milex li documenta in dettaglio.
Pochi italiani, però, ne sono al corrente: nei talk show che inondano ad ogni ora tutte le reti televisive il tema della spesa militare è un tabù, inenarrabile. Così come sono un tabù le proposte avanzate dalle 70 associazioni radunate nella Rete Italiana Pace e Disarmo (che Voce ha meritoriamente pubblicato sul sito) in vista delle elezioni politiche di domenica 25 settembre. La Rete, che è indipendente e apartitica, ribadisce la necessità di “una nuova politica estera dell’Italia basata sul non allineamento con i blocchi e che definisca come interesse nazionale il co-sviluppo con i popoli del sud e la soluzione negoziata dei conflitti, mettendo al centro un Mediterraneo di Pace e il rilancio del progetto delle Nazioni Unite”. E presenta una serie di proposte molto concrete tra cui la riduzione delle spese militari per rafforzare la spesa sociale, politiche concrete di riconversione dell’industria militare verso la produzione civile con stanziamento di fondi per lo sviluppo locale sostenibile, per promuovere la Difesa Civile non armata e Nonviolenta e il Servizio Civile Universale come programma costruttivo per la pace.
Oggi più che mai ci rendiamo conto che la pace è il bene più prezioso. Un bene su cui occorre investire. Votare per la pace, non è uno slogan, è una necessità.