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di ADRIANA POZZI 25 giu 2015 00:00

Verso una Pasqua unica

La proposta di papa Francesco di trovare una data unica per “celebrare la Risurrezione nello stesso giorno a Roma, Costantinopoli e Mosca” è quindi decisamente rivoluzionaria e, insieme, profetica...

Nel 325 il Concilio di Nicea, quello che espresse anche il primo “Credo” che ancora oggi usiamo nelle nostre liturgie, stabilì che la Pasqua fosse celebrata la prima domenica dopo la luna piena che segue l’equinozio di primavera, chiudendo, almeno allora, un conflitto che si era già aperto tra Occidente e Oriente su come trasferire nei calendari del tempo la data del 14 di Nisan in cui cadeva la Pasqua ebraica celebrata da Gesù. Nel 1582 poi, con la riforma voluta da papa Gregorio XIII, tutto il mondo occidentale adottò un nuovo calendario, mentre il mondo orientale mantenne quello giuliano: da qui la diversità della data in cui le diverse Chiese celebrano la Pasqua. La proposta di papa Francesco di trovare una data unica per “celebrare la Risurrezione nello stesso giorno a Roma, Costantinopoli e Mosca” è quindi decisamente rivoluzionaria e, insieme, profetica.

Rivoluzionaria perché mette mano a un aspetto su cui le Chiese si sono per secoli arroccate su posizioni di dura intransigenza e spesso anche scontrate; profetica perché rappresenta una provocazione, in quanto dimostra la sua volontà e la sua disponibilità a superare aspetti contingenti per puntare all’essenziale, sottolineando che, sebbene la data sia forse meno importante dell’evento che si ricorda, una celebrazione comune della Pasqua sarebbe una testimonianza straordinaria di unità e di fede.

Si arriverà a una conclusione positiva? Realisticamente le difficoltà sono ancora tante, alcune proposte analoghe fatte in passato a cominciare dagli anni ’20 del secolo scorso, sono cadute nel vuoto per diffidenze reciproche e per paura che cedere su questo punto fosse visto come segno di debolezza. Ma ora il grande carisma di papa Francesco, il suo modo di agire e di parlare franco e spontaneo, la sua sincera e a volte addirittura disarmante apertura unita alla sua popolarità potrebbero davvero fare la differenza: non ci sono nella sua proposta doppi fini o scopi nascosti, c’è solo il desiderio appassionato di sgombrare il campo da ostacoli, che tali non sono, sul cammino dell’unità e la profonda convinzione che sempre di più i cristiani sono chiamati nel mondo a essere segno di pace, di concordia e di armonia anche a partire da questioni minori e giudicate di scarso rilievo. Auguriamoci che il desiderio di papa Francesco che le Chiese siano capaci di uscire dal ristretto perimetro delle proprie certezze venga condiviso e diventi per tutti l’impegno che porti presto alla piena e visibile unità.
ADRIANA POZZI 25 giu 2015 00:00