Verso le elezioni: che confusione
In queste settimane la situazione è, se possibile, ancora più confusa del solito perché la composizione delle liste e delle eventuali alleanze elettorali tende a incrementare la conflittualità interna ai singoli partiti e alle coalizioni
Poco importa che si parli di elezioni da mesi e che la campagna elettorale sia praticamente iniziata poco più di un anno fa, dopo il referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. Adesso che le Camere sono sciolte e il voto ha una data precisa, si arriva al dunque e l’attività delle forze politiche diventa frenetica e convulsa in vista di due scadenze fondamentali: il deposito di simboli, statuti, programmi, coalizioni e capi-partito, tra il 19 e il 21 gennaio, e la presentazione dei candidati, tra il 28 e il 29. Prima di queste date – al netto di eventuali ricorsi e delle validazioni ufficiali da parte degli organi preposti – non sarà possibile avere un quadro completo, definito e analitico dell’offerta politica che sarà sottoposta al giudizio delle urne. Vero è che in grandi linee il panorama è già noto da tempo, ma gli esperti ricordano che le modalità specifiche con cui le forze politiche si propongono agli elettori hanno un’incidenza notevole sulle opzioni di questi ultimi, tanto più se si tiene conto di un elevato numero di indecisi (anche sulla partecipazione al voto o meno) e di una diffusa attitudine a scegliere proprio a ridosso della consultazione.
In queste settimane la situazione è, se possibile, ancora più confusa del solito perché la composizione delle liste e delle eventuali alleanze elettorali tende a incrementare la conflittualità interna ai singoli partiti e alle coalizioni. Il sistema elettorale a base proporzionale enfatizza queste dinamiche. Per di più, la prospettiva estremamente probabile dell’assenza di una maggioranza parlamentare direttamente espressa dalle urne, aumenta la competizione anche tra le forze che si presenteranno coalizzate. Infatti, quando sarà necessario provare a costruire nel nuovo Parlamento una maggioranza di governo, il numero dei seggi conquistato da ciascun partito sarà decisivo nel definirne il peso specifico nelle trattative.
Per quanto riguarda i programmi, c’è da sperare che trovi ascolto il reiterato appello del Presidente della Repubblica a proposte realistiche, concrete, comprensibili e orientate al futuro. Purtroppo i primi segnali non sono incoraggianti. Un certo tasso di enfasi propagandistica va messo nel conto in campagna elettorale, sarebbe ingenuo immaginare il contrario. Però al momento la sensazione è che la tendenza sia a chi la spara più grossa, facendo leva soprattutto su interessi di corto respiro e su reazioni di tipo viscerale. Il tutto prescindendo dal contesto internazionale in cui il nostro Paese è necessariamente inserito. Forse in alcune fasi della nostra storia recente il riferimento all’Europa è stato ossessivo e in taluni casi persino strumentale. Ma adesso sembra quasi che all’improvviso dell’Europa si possa fare allegramente a meno e per giunta in un momento in cui il processo di riforma della Ue affronta passaggi cruciali, da cui rischiamo di essere tagliati fuori. Per le conseguenze, chiedere agli amici inglesi, please.