Vale la pena?
Franca è andata a fare visita ad una sua amica in Rsa ( un tempo, denominata casa di riposo). L’ultima volta c’era andata un paio di mesi prima. La sua amica aveva problemi di afasia e cognitivi; faceva un po’ fatica ad interagire, ma in qualche modo si faceva capire; aveva riconosciuto Franca: le sorrideva molto. Questa volta, per un aggravamento a livello cognitivo, la sua amica non parla, quasi non la guarda, non sorride, è assente. Franca le prende la mano e cerca di spronarla ad interagire; la incita: “Parlami! Dimmi qualcosa!”. Ma lei, niente. Franca è sconsolata, intristita, delusa: la sua amica “non c’è più”. Pensa: “ Basta, non vengo più a trovarla! Non ne vale la pena!”.
Carlo va a fare visita ad un conoscente, sempre in Rsa. È da un po’ che non vede; lo trova ad un tavolo, che continua a ripulire con un cucchiaio una tazza. Carlo gli rievoca qualcosa che hanno condiviso, ma il suo conoscente, imperterrito, continua a ripulire la tazza. Ogni tanto Carlo riesce a distrarlo ed allora lui gli parla di un certo miracolo, cerca di articolare una frase, ma la parola ricorrente e quasi unica è “miracolo”. E poi ritorna alla sua tazza. Carlo si chiede: “Ha senso che venga ancora a trovarlo? Cosa sto qui a fare? Ad ascoltare un discorso senza senso?!”. Le esperienze di Franca e Carlo sono esperienze comuni. Ha senso far visita a persone che non ci riconoscono, che non interagiscono, che delirano? Persone in tali condizioni, molto probabilmente non capiscono le parole, ma la comunicazione non verbale e para-verbale si mantiene più a lungo di quella verbale; queste persone, cioè, deteriorate nelle funzioni cognitive, riescono a percepire ancora (ad un qualche livello) una carezza, uno sguardo, un tono di voce, un sorriso.
Ed allora vale la pena per Franca parlare dolcemente alla sua amica, sorriderle, guardarla, tenerle la mano. Forse un attimo dopo che se n’è andata, la sua amica non si ricorderà più della visita di Franca, ma nei momenti prima, le è stato donato benessere, attenzione, valore. Anche se il conoscente di Carlo dice cose senza senso, ha senso intrattenere il suo sguardo, fare cenni di assenso, sorridergli: è riconoscergli valore, dargli dignità, anche se privo della sua parte razionale. Chissà, forse queste due persone, irriconoscibili per com’erano, hanno percepito molto meno, ma, comunque, sempre più di niente, sempre più dell’isolamento in cui erano immerse. Forse per questo, quando Franca ha riaccompagnato la sua amica fra le due altre carrozzine, lei le ha detto l’unica parola ben pronunciata e di senso in quell’occasione: “Grazie”.