Uno sguardo miope sul mondo
Troppo presto ci siamo illusi che il virus avrebbe modificato il nostro sguardo. Non è così purtroppo. Siamo ancorati a una visione miope di quello che ci circonda. Per questo non possiamo stupirci del fatto che a livello parlamentare manchino, tra i leader, delle persone autorevoli in grado di pensare e progettare nel medio lungo periodo. Non abbiamo certamente appreso la prima grande lezione del Covid: qualcosa di infinitamente piccolo si è diffuso rapidamente in ogni angolo del pianeta, ha mietuto vittime e ha gettato nello sconforto le famiglie. Siamo fragili. La nostra società è vulnerabile. Basta una falla dall’altra parte del mondo per generare un’onda anomala a migliaia di chilometri di distanza. Tutto è connesso, tutto è legato. Gli avvertimenti non sono bastati. Ci bloccano le piccole liti di cortile tra parenti o, a livello comunitario, le incomprensioni tra gruppi parrocchiali. Non ci interessa quello che succede fuori dal nostro Paese. Poco importa se nel mondo, complice il coronavirus, sono cresciute e crescono le tensioni. Non ci interessa conoscere quel che succede in Sud Sudan, in Libia, in Bielorussia, in Siria, in Armenia, in Venezuela e in un centinaio di altre nazioni. Focolai di guerra avanzano. I diritti umani sono calpestati nel silenzio generale. Tutto questo non ci preoccupa. Ma alimenta le nostre paure quando le persone decidono di spostarsi in grande parte per motivi economici (il desiderio di autorealizzazione è insito nel cuore di ogni uomo) ma anche per la precarietà di un’esistenza segnata dalla violenza. Davanti a noi ci sono solo due opzioni: nella prima continuiamo a mettere la testa sotto la sabbia salvo alzarla ogni tanto per gridare la nostra indignazione contro il presunto nemico; nella seconda proviamo a leggere e approfondire la realtà. E gli strumenti non mancano. A volte, di fronte ad alcuni temi (dal commercio di armi al traffico di essere umani), rischiamo di non sentirci chiamati in causa. Basterebbe ascoltare la voce dei missionari che operano sul campo per umanizzare la vita.
In questo mese di ottobre non sprechiamo l’occasione di conoscere più da vicino quel che accade attorno a noi e per rileggere in maniera più equilibrata e responsabile la nostra quotidianità. Solo così, riprendendo il messaggio del Papa per la Giornata mondiale missionaria, saremo tessitori di fraternità. Quella fraternità che Francesco richiama nella sua terza enciclica (“Fratelli tutti”). Arriva a un anno e mezzo di distanza (4 febbraio 2019) dal “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” firmato ad Abu Dhabi dal Papa e dal Grande imam di al-Azhar, Ahmed al-Tayyeb. La fratellanza è la via da percorrere: “Noi credenti chiediamo a noi stessi e ai leader del mondo, agli artefici della politica internazionale e dell’economia mondiale, di impegnarsi seriamente per diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace; di intervenire, quanto prima possibile, per fermare lo spargimento di sangue innocente, e di porre fine alle guerre, ai conflitti, al degrado ambientale e al declino culturale e morale che il mondo attualmente vive”. Non sono considerazioni astratte, ma diventano un criterio politico da adottare nelle scelte concrete. Un po’ quello che successe a San Francesco, quando nel 1219 durante le crociate, decise di attraversare il campo di battaglia per incontrare il Sultano, in Egitto. La fratellanza è la risposta al rancore che serpeggia nei nostri discorsi e nei nostri pensieri. Riscopriamo la capacità di vivere insieme, nonostante le differenze, per fermare il virus dell’individualismo e per costruire un mondo migliore sulla scia di quanto prospettato nella Laudato si’ dove il Papa ricorda l’esempio di santa Teresa di Lisieux (patrona delle missioni, nda) e “ci invita alla pratica della piccola via dell’amore, a non perdere l’opportunità di una parola gentile, di un sorriso, di qualsiasi piccolo gesto che semini pace e amicizia. Un’ecologia integrale è fatta anche di semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo. Viceversa, il mondo del consumo esasperato è al tempo stesso il mondo del maltrattamento della vita in ogni sua forma”.