Università: due è meglio di uno?
L’anno vecchio finisce con lo spacchettamento del Miur: al posto del dimissionario Lorenzo Fioramonti ecco la precedente sottosegretaria, Lucia Azzolina, con delega alla scuola, e Gaetano Manfredi, rettore dell’Università “Federico II” di Napoli, con poteri su università e ricerca.
Due è meglio che uno? Dipende dai punti di vista. L’anno vecchio finisce con lo spacchettamento del Miur: al posto del dimissionario Lorenzo Fioramonti ecco la precedente sottosegretaria, Lucia Azzolina, con delega alla scuola, e Gaetano Manfredi, rettore dell’Università “Federico II” di Napoli, con poteri su università e ricerca. Una sedia in più nel Governo e conseguenze pure sull’organico ministeriale. Se il Codacons annuncia un esposto alla Corte dei Conti, affinché apra una indagine per verificare eventuali danni erariali, vale la pena interrogarsi se la scelta risponda a logiche partitiche (Azzolina è quota M5S, Manfredi è vicino al Pd) oppure funzionali.
Non c’è dubbio che affidando una poltrona a entrambe le compagini governative l’alleanza possa essere puntellata, ma più che sulla forma è bene concentrarsi sulla sostanza, vale a dire sui finanziamenti. Un unico ministero comporta un unico centro di spesa con investimenti divisi per aree, ma comunque rientranti in un solo portafoglio. Divisione dei ruoli significa invece poter disporre sin dall’origine di fondi specifici, da destinare alle necessità più impellenti. In assenza di risorse, l’operazione resterebbe solo sulla carta e apparirebbe un inutile palliativo per risolvere i ben più gravi problemi dell’alleanza giallorossa. In chiave università, il cruccio è ormai secolare: quando occorre tagliare la spesa gli atenei sono il terreno preferito di ciascun esecutivo, indipendentemente dal colore politico. L’agenda del nuovo ministro è già zeppa di punti, argomenti che toccano tutti gli attori del sistema: studenti, docenti e personale tecnico. I discenti reclamano fondi per il diritto allo studio, indispensabili per garantire quanto scritto nella Costituzione, ossia il raggiungere del più alto grado di istruzione ai capaci e meritevoli. I docenti hanno accettato di essere giudicati dell’Agenzia nazionale di valutazione, ma chiedono fondi erogati in maniera meritocratica, così da consentire che nel nostro Paese si continui a parlare di ricerca pubblica e non solo di attività finanziate da interessi privati. Infine il personale chiede un allentamento del turn-over nel settore, così da svecchiare una classe lavorativa sempre più anziana.
La parola d’ordine dovrebbe essere qualità: questo il criterio da seguire per distribuire con criterio le risorse. A condizione ovviamente che le stesse ci siano, altrimenti, inutile negarlo, l’area della ricerca è destinata a restare la cenerentola del Paese.