Una pastorale che ritrovi la prassi del perdono
L’anno pastorale che si apre guarda con decisione all’Anno Santo della misericordia. L'editoriale del n° 32 di "Voce" è di don Adriano Bianchi
Desidera che “il Giubileo − scrive − sia esperienza viva della vicinanza del Padre, quasi a voler toccare con mano la sua tenerezza”. Guarda ai malati, ai carcerati, ai peccati più gravi. Apre tutte le possibilità, le porte. Cita esplicitamente i fedeli e sacerdoti della Fraternità San Pio X a cui concede la facoltà di assolvere validamente e lecitamente i peccati. “Si tratta − secondo Monari − di un atteggiamento creativo che supera questioni teologiche o impedimenti canonici, compresa la possibilità di concedere il perdono alle donne che hanno abortito”.
Al centro resta la prassi della misericordia che trova nel sacramento della riconciliazione e nell’eucaristia il perno fondamentale. In particolare della confessione tanto si è detto e scritto e forse quest’anno pastorale potrebbe riservare da parte dei cristiani, delle parrocchie e dei sacerdoti una riflessione e un’attenzione particolare. Basterebbe provare ad osservare anche solo come è vissuto nelle nostre comunità cristiane. Sempre meno tempo e comprensione per il senso del sacramento; sempre meno penitenti; confessioni sempre più superficiali e poco significative per il cammino spirituale e il cambiamento della vita. Che fare? Come rendere fruttuosa l’intuizione creativa di questo anno giubilare, magari proprio riscoprendo il desiderio del Signore di incontrarci personalmente donandoci il perdono? Che posto ha nella mia impostazione pastorale? D’altro canto l’ininfluenza o addirittura la svalutazione della confessione diventa per tanti versi proprio la cartina di tornasole della qualità spirituale della vita di tanti cristiani o di tante comunità ecclesiali.
Un anno per ricomprendere la riconciliazione e la sua pratica, che si declina poi in prassi di vita evangelica, significa sforzarsi di coniugare al meglio la misericordia che non è mai contro la verità del vangelo, tanto che “se io − dice ancora Monari commentando il testo papale − incontro la misericordia di Dio e non divento a mia volta misericordioso, vuol dire c’è qualcosa che non va, che ho impedito al mio cuore di crescere secondo la volontà del Signore”. È solo uno spunto in più per quest’anno pastorale che verrà. Magari ne uscirà qualcosa di buono e utile.