Un volto umano per la Repubblica
Il 28 maggio 1974 non c’ero. Sarei nata sette anni dopo. Così quel giorno per me ha assunto dapprima le sembianze dei ricordi degli altri. Di chi c’era e non sarebbe più stato lo stesso. Di chi avrebbe dovuto esserci, ma il caso l’ha tenuto lontano. Di chi ha voluto vegliare su quel luogo ferito fino al giorno dei funerali delle vittime, partecipando al servizio d’ordine della Camera del Lavoro di Brescia e conservando, nel corso degli anni, la fascia da legare al braccio come segno distintivo, nell’attesa instancabile che a quella piazza fosse resa giustizia; non è così, nonno?
Il 28 maggio 1974 è storia, ma è anche un racconto, scritto da me ragazzina, in occasione di un concorso letterario dedicato alla memoria della città. E soprattutto è il processo cui ho assistito da praticante, oltre che da cittadina, che mi ha insegnato – più di ogni altro – che è possibile vivere la professione come servizio e non solo come mestiere. 28 maggio per me ha sempre significato Piazza della Loggia: gli otto rintocchi alle 10.12, il silenzioso omaggio alla stele, il ricordo affidato alle parole dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali Cgil-Cisl–Uil; le stesse che 50 anni fa furono promotrici di uno sciopero contro la violenza fascista, in difesa di quella democrazia che qualcuno avrebbe voluto seppellire sotto una montagna di morti. 28 maggio per me è memoria, verità e giustizia; quella arrivata con imperdonabile ritardo, ma che ha confermato ciò che era chiaro da tempo: la matrice neofascista della strage, ascrivibile all’eversione nera e – in particolare – all’ordinovismo veneto, in un intreccio con alcuni settori degli apparati dello Stato impegnati a coprire le stragi, a garantire impunità a chi tentava, attraverso un progetto eversivo, di rimettere in discussione i principi fondanti della nostra Repubblica democratica e antifascista, nata – come la Costituzione – dalla Resistenza.
28 maggio per me ha sempre significato partecipazione, riflessione sul passato e sul presente, esserci insieme per ricordare la “più politica delle stragi” – quella con la quale si era inteso sferrare un attacco esplicito e violentissimo alla democrazia e al lavoro, nel pieno di una stagione di rivendicazioni, di battaglie democratiche, di lotte sociali –, ma anche far rivivere di anno in anno con la propria presenza – per citare Bobbio – “dentro di noi quei morti e, trattenendoli ancora, non lasciarli sparire nel nulla”; saper trasformare una doverosa esigenza di fare memoria in un impegno comune volto a consolidare la nostra democrazia e ad attuare a pieno il dettato costituzionale. Sono convinta che i valori che spinsero tanti e tante a riempire Piazza della Loggia 50 anni fa siano gli stessi che dovrebbero ispirarci e guidarci anche oggi: contro l’acuirsi delle diseguaglianze, per rimettere al centro solidarietà e giustizia sociale, per non stancarci di esigere la pace. Abbiamo bisogno di una rinascita e dobbiamo iniziare a pensarla e a costruirla insieme. Una bussola l’abbiamo: già una volta ci ha permesso di rimetterci in piedi e ci ha consentito di superare – senza smarrire la strada – anche le notti più buie della Repubblica. È la Costituzione; quella stessa Carta che per troppo tempo abbiamo disatteso e tradito, ma dalla quale oggi è più che mai necessario ripartire per restituire un volto umano alla Repubblica. Il 28 maggio per me continua a significare anche questo.