Un tempo per i bambini
scommettere sul futuro, vuole dire anche chiedere un impegno molto concreto a chi, nel presente, ha responsabilità politiche ed educative.
“È arrivato il tempo dei bambini”. Una affermazione suggestiva, una dichiarazione di impegno, una proiezione di futuro: questo viene da pensare leggendo la frase conclusiva del Decimo “Atlante dell’infanzia a rischio” proposto da “Save the Children”. E vale la pena – per cogliere il contesto e la provocazione – raccogliere le parole di Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia-Europa dell’Organizzazione a conclusione dell’Atlante: “Dopo gli orrori della Prima guerra mondiale, cento anni fa la fondatrice di Save the Children, Eglantyne Jebb, sosteneva che ‘ogni generazione di bambini offre, nei fatti, all’umanità la possibilità di ricostruire il mondo dalle sue rovine’. Chissà che oggi per porre un freno a quella che papa Francesco ha chiamato la “terza guerra mondiale a pezzi”, per rispondere alle minacce ambientali e all’avanzata dei nazionalismi non sia di nuovo questa la speranza da coltivare. Noi ci vogliamo credere. Perciò diciamo che è arrivato il tempo dei bambini”. Auspicare un “tempo dei bambini” vuol dire scommettere sul futuro, ma vuole dire anche chiedere un impegno molto concreto a chi, nel presente, ha responsabilità politiche ed educative. Lo si capisce bene dai dati e dalle considerazioni raccolte nell’Atlante, in particolare dalla denuncia dell’Organizzazione sulle carenza di efficaci politiche sociali, cui si associano il grave fenomeno della denatalità e i ritardi in tema di istruzione.
Save the Children, in particolare, denuncia come la riforma che affidava alle Regioni la competenza amministrativa in materia di politiche sociali, “ma senza aver mai definito i Livelli essenziali delle prestazioni (diritti all’istruzione, alla salute e all’assistenza sociale)”, ha portato alcune aree del Paese (specialmente le Regioni del Sud) a essere “completamente sguarnite di servizi: zero asili nido, zero mense scolastiche, trasporti locali o servizi sociali”. E l’infanzia ha avuto la peggio. La spesa per l’istruzione in questo periodo ha subito un vero e proprio crollo, fino all’attuale minimo storico del 3,6% del Pil”. Un flash sul rapporto di Save the children illumina, ad esempio, il dato dell’abbandono scolastico: nel decennio 2008-2018 l’Italia ha recuperato qualche punto percentuale, “ma il trend positivo di riduzione del fenomeno ha subito una battuta di arresto e dal 2016 al 2018 è passato dal 13,8% al 14,5% allontanando ulteriormente l’obiettivo europeo del 10%”. Insomma: non stiamo bene. Ora è il momento di agire.