Un’opportunità preziosa
L’attendere è diverso dal semplice aspettare. Aspettiamo quando siamo in fila alle poste o quando qualcuno non è puntuale a un appuntamento. E ci capita spesso di innervosirci, non imparando nulla da questo tempo di ‘’passaggio’’. Al contrario, l’attesa ha un valore in se stessa: serve a preparare il cuore, a riflettere su di noi, su Dio, sul mondo che ci circonda; essa insegna la pazienza e manda in frantumi alcuni nostri programmi. Il periodo dell’attesa non è mai sprecato, perché è ‘’ginnastica’’ del cuore, è palestra di un grande amore. Con l’avvento siamo proprio chiamati a riscoprire la potenzialità di un tempo che è sospensione, nel senso più nobile del termine.
Un nuovo anno liturgico ci è offerto dalla bontà di Dio. La Chiesa attende la venuta del suo Signore, l’avvento di colui che viene dal futuro. La comunità cristiana non aspetta un imminente ritorno di Gesù, ma vuole che non si spenga la fiamma di quell’attesa, che le sue mani reggono a nome di tutte le creature. Per questo essa continua a far risuonare il grido: “Amen. Vieni, Signore Gesù”. Anche Dio è entrato nel tempo dell’Avvento, aspettando senza mai stancarsi l’amore degli esseri umani. Silenziosamente prende tempo, fino al giorno in cui sarà formato l’uomo nuovo, quello che ha ritrovato l’immagine iniziale, distrutta dal peccato ma restituita in modo mirabile dalla redenzione di Cristo e dall’azione santificante dello Spirito.
L’attesa è un’opportunità preziosa, un tesoro da scoprire e da valorizzare. La parola di Gesù non intende tingere di rosa un futuro carico di minaccia, non pretende di illudere le persone poste di fronte a situazioni talora drammatiche, non concede di annacquare un dato per sua natura duro da accettare. Questa parola mira a formare i discepoli – non solo a informarli – e lo fa per mezzo di un’esortazione calda e di una raccomandazione pressante. Lo si nota subito dalla sequenza degli imperativi riservati nel testo: “Fate attenzione, vegliate….”. Il tempo finale è già scoccato, anche se il suo compimento resta sconosciuto agli esseri umani, perché parte del mistero Dio. Il sonno ‘’proibito’’ non è certo quello naturale, che giunge alla fine di una giornata lavorativa. È il sonno dell’indifferenza, della neghittosità, del cupo ripiegamento su se stessi, dell’abbandono della fede, della dimenticanza di Cristo. Al contrario, il vegliare è il coefficiente di una salutare inquietudine e di una speciale disposizione permanente che non si rassegnano ad una fede facile e feriale, pressappochista o, peggio, qualunquista.
La veglia è piuttosto una condizione morale fervida, la precisa volontà di concentrare tutta la propria attenzione sulla persona di Gesù, ricevendola con amore nel grembo della vita quotidiana. Continua vigilanza e vitale attesa: sono queste le due condizioni per accogliere con amore Colui che è venuto una prima volta duemila anni fa: Colui che viene sempre nella storia quotidiana di ogni uomo; Colui che verrà alla fine del tempo. In termini definitori potremmo dire: chi veglia e attende, ama veramente, senza ‘’se’’ e senza “ma’’.
(Da “Avvento. Lectio brevis”, edizioni Queriniana)