Un gesto di cura: la preghiera insieme

Qualche tempo fa ho partecipato ad un evento di cura molto diverso da quelli ai quali siamo abituati come operatori sanitari o come cittadini; era diretto alle persone affette da demenza.
Il vescovo di Bolzano ha celebrato nella cattedrale di Bressanone una liturgia della parola dedicata alle persone affette da varie forme di demenza. Un’esperienza alla quale ho presenziato inizialmente con curiosità; progressivamente, però sono stato coinvolto nella cerimonia, anche perché ho capito che non si trattava solo di un’azione di preghiera, ma di una profonda azione di cura. La cerimonia si è svolta per circa 45 minuti, in presenza di qualche decina di ammalati, accompagnati dai loro parenti o caregiver. Il duomo di Bressanone era pieno di luce, con tutta la solennità di una splendida architettura barocca. Il Vescovo ha guidato le preghiere e i canti con grande attenzione allo stile della comunicazione, al tono della voce, particolarmente empatico. E’ riuscito a bilanciare il tedesco e l’italiano (il sud Tirolo è, come è noto, bilingue) con equilibrio e senza forzature. I canti, anche questi bilingui, sono stati seguiti con vera partecipazione; osservando alcuni ammalati, ho notato che anche loro seguivano le armonie, almeno per brevi pezzi. Il Vescovo nella sua omelia piena di significati ha sostenuto che la preghiera rivolta al Signore voleva dimostrare che nella chiesa tutte le persone si devono sentire a casa, che nessuno era fuori dalla comunità cristiana, che le porte erano aperte, qualsiasi fosse il grado di compromissione delle funzioni cognitive. Nessuno deve esser lasciato solo; il Signore ha accolto tutti, qualsiasi sia la condizione di salute e ha ordinato alla sua chiesa che i comportamenti di ogni giorno si devono adeguare a questa scelta di fondo. Alla fine di canti e preghiere, dopo la solenne benedizione, il Vescovo, vestendo sempre i paramenti liturgici solenni, ha personalmente abbracciato e accarezzato tutti i malati. Era molto significativo osservare le diverse reazioni; alcuni non hanno capito, ma hanno sorriso alla carezza amica; altri, invece, hanno reagito cercando di ricambiare l’abbraccio. Ho visto alcuni famigliari profondamente commossi. Durante l’intera cerimonia non ho notato atteggiamenti disturbanti da parte degli ammalati, solo alcuni tentativi di wandering, cioè di movimenti non finalizzati.
Assistendo alla preghiera nel duomo di Bressanone mi sono interrogato sul senso della cerimonia. La prima osservazione deriva dall’affermazione, alla quale aderisco completamente, che “L’Alzheimer non cancella la vita”. La malattia cancella la memoria, la capacità di riconoscere e di riconoscersi, ma non cancella la capacità degli ammalati di riconoscere gli spazi dell’amore, della vicinanza, della cura. La cerimonia solenne, avvenuta in un luogo sacro, ma anche di enorme importanza civile, ha dimostrato concretamente che gli ammalati che hanno perso le capacità cognitive non perdono il diritto di essere considerati cittadini assolutamente uguali agli altri. In un tempo ancora talvolta contaminato dal vizio ageistico, cioè dal rifiuto di fornire agli anziani, in particolare se ammalati, gli stessi diritti dei cittadini di ogni altra età e condizione, ha dimostrato l’assoluta uguaglianza di ogni figlio di Dio e quindi dei suoi diritti. La celebrazione, officiata dal vescovo Muser, ha avuto una duplice funzione, religiosa e laica: riaffermare che i malati di demenza hanno il diritto indiscusso di partecipare a pieno diritto sia alla comunità religiosa che a quella civile.
