Un Concilio dei giovani
Nel 1970, la Pasqua cadde il 29 marzo, quasi come quest’anno. Dal sabato precedente, per alcuni giorni si svolse a Taizé, un piccolo villaggio della Borgogna-Franca Contea, un incontro con 2.500 giovani da trentacinque diversi paesi. Si parlava di una grande notizia che sarebbe stata annunciata dal fondatore della giovane comunità monastica, nata nel 1940, Fr. Roger. La domenica di Pasqua il priore annunciò che la comunità avrebbe organizzato un Concilio dei giovani. Il Concilio Vaticano II si era chiuso da cinque anni, con un lascito di grandi speranze, in un modo non meno tribolato di oggi. L’ultimo messaggio fu proprio per i giovani: È a voi, giovani e fanciulle del mondo intero, che il Concilio vuole rivolgere il suo ultimo messaggio. Perché siete voi che raccoglierete la fiaccola dalle mani dei vostri padri e vivrete nel mondo nel momento delle più gigantesche trasformazioni della sua storia. Siete voi che, raccogliendo il meglio dell’esempio e dell’insegnamento dei vostri genitori e dei vostri maestri, formerete la società di domani: voi vi salverete o perirete con essa. Un messaggio grave, che presagiva già il “cambiamento d’epoca” e la drammatica sfida tra salvezza e scomparsa della specie umana! Eppure è un messaggio di fiducia verso i giovani e di richiamo alla loro responsabilità: Lottate contro ogni egoismo. Rifiutate, di dar libero corso agli istinti della violenza e dell’odio, che generano le guerre e il loro triste corteo di miserie (…). E costruite nell’entusiasmo un mondo migliore di quello attuale! Raccogliendo idealmente questo testimone, la piccola comunità aprì un cammino di riflessione che – dopo una lunga preparazione – si concretizzò in una sessione plenaria nell’estate del 1974, 50 anni fa, con la partecipazione di cinquantamila giovani. Che fine hanno fatto le speranze aperte da quella stagione, dentro e fuori la Comunità cristiana? Come riprendere oggi questo slancio, alla luce delle impietose immagini di chiese semivuote comparse sulla stampa nazionale? L’esperienza sinodale è certamente un’occasione importante, così come l’ascolto e l’apertura a tutte le dimensioni dell’umano che il pontefice porta avanti con prudente coraggio. Indubbiamente si dovranno però trovare strade sempre nuove per ridare fiducia ai giovani, radicate nell’etica della responsabilità, che è alla base della riflessione filosofica di Hans Jonas: Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la sopravvivenza della vita umana sulla terra. Forse questa può essere la leva: non mossi dalla paura, ma dal riconoscimento che l’essere vivi implica il riconoscimento dell’importanza della vita stessa.