Ubi gas ibi bellum
Duemila euro l’anno: è quanto mediamente spenderà in più una famiglia italiana per consumi energetici, ossia luce e gas. Così stimano alcuni osservatori. Il costo dell’energia è cresciuto del 17% tra il 2020 e il 2021 e ora esplode al 65% = aumento del numero dei nuclei poveri e spinta verso la soglia della povertà dei nuclei più ai margini. Possiamo affermare che è in “povertà energetica” chi sborsa più del 10% del suo reddito in spese energetiche. È un test semplice, che tutti possiamo fare: ma per alcuni il risultato sarà assai amaro. In realtà lo sarà per tanti. Non basteranno i 200 euro promessi dal governo.
Mario Draghi, col pragmatismo dell’economista e la prudenza del buon padre, afferma che ci potrebbe anche essere la possibilità di entrare in un’economia di guerra. Economia di guerra significa riconversione dell’apparato produttivo industriale, inflazione da domanda per i beni essenziali e – soprattutto – razionamenti. Potrebbe essere un brusco risveglio per tutti. Ma non è tutto qui. Assieme agli aspetti umanamente inaccettabili, la guerra in Ucraina è anche il segnale del passaggio ad una fase nuova. La globalizzazione – che si immaginava pacifica (a parte qualche conflitto regionale) – sembra tramontare a favore di una nuova “cortina di ferro” che concentrerà gli spazi di scambio nelle delle zone d’influenza: si parla oramai di Natonomics, ossia dello sviluppo di una economia interna tra i Paesi della Nato, che si renderanno indipendenti da ricatti su gas e petrolio. In un momento in cui si iniziava seriamente a parlare di transizione ecologica, la guerra riapre gli scenari. D’altra parte il tema energetico è centrale e tutte le guerre degli ultimi trent’anni hanno avuto questo sfondo, dalla prima alla seconda guerra nel Golfo. Attorno al gas e al petrolio si scatenano le guerre.
Ma le questioni sono complesse e lo scacchiere ancor più complicato. Serve tenere insieme i diversi piani: le risorse energetiche e l’ambiente, la guerra e le armi, l’economia e il welfare, la democrazia, il governo delle cose, i diritti umani e il diritto internazionale. Tutti questi sono scenari di crisi. Dove ci stanno trascinando gli eventi? Come possiamo discernere senza assistere a feroci dibattiti interni? Serve fare sintesi per cogliere dove si collochi la vera posta in gioco per condurre i Paesi ad una condizione di sostenibilità ambientale, economica e politica. Ma la sostenibilità che ci serve è anzitutto umana. Qualcosa che vale di più di duemila euro.