Treni: basta sterili promesse
L’esigenza di trasporti e infrastrutture adeguate e dignitose per i pendolari non può più essere ridotta a sterili promesse elettoralistiche (poi non mantenute nei fatti, con una puntualità disarmante e opposta a quella dell’effettivo arrivo dei treni nelle stazioni di destinazione), né a politiche gestionali orientate a una esclusiva e predominante ottica di finanziarizzazione commerciale
Sono da anni un pendolare della linea Brescia-Milano. Prendo giornalmente il 6.43 da Chiari e arrivo in Centrale alle 7.35, percorrendo lo snodo ferroviario dove giovedì scorso è deragliato il treno 10452, provocando vittime e feriti. Quel giorno ero a Trento per lavoro e quindi, all’email di una collega che preoccupata mi chiedeva notizie, ho potuto rispondere che per mia fortuna non ero stato coinvolto. Nelle ore successive all’evento un misto di reazioni, sentimenti e considerazioni mi è venuto alla mente.
Ho come avvertito un senso di risarcimento dovuto per l’accumulo di ritardi, inefficienze, negligenze, dequalificazione del servizio, tanto più acuto quanto reso più drammaticamente eloquente dal disastro. Ho immaginato la comprensibile disperazione e rabbia di chi direttamente ha subito i tragici effetti di questo disastroso incidente, e mi sono unito ai sentimenti di cordoglio di chi partecipa a un dolore che genera morte e lutto.
Poi ho pensato che attivare tutte le ricostruzioni necessarie a stabilire le cause e le connesse responsabilità di quanto accaduto sia un atto dovuto e necessario, nell’ambito di una convivenza che voglia dichiararsi civile e rispettosa di diritti e doveri. Questo non annulla certo la perdita di persone care, né risarcisce i danni personali subiti, ma rimane un punto di non ritorno se ancora ci abita una tensione di comune cittadinanza. Ritengo che un silenzio vigilante e non elusivo debba accompagnare i necessari e scrupolosi accertamenti dei fatti, insieme a una considerazione più generale, senza intenti di strumentalizzazione o banalizzazione.
So che il problema è complesso e tocca anche culture organizzative e professionali che siano orientate a una autentica etica del servizio, nel giusto equilibrio tra legittima rivendicazione di diritti e necessità imprescindibili di garantire effettivamente prestazioni adeguate, efficaci ed efficienti.
L’esigenza di trasporti e infrastrutture adeguate e dignitose per i pendolari non può più essere ridotta a sterili promesse elettoralistiche (poi non mantenute nei fatti, con una puntualità disarmante e opposta a quella dell’effettivo arrivo dei treni nelle stazioni di destinazione), né a politiche gestionali orientate a una esclusiva e predominante ottica di finanziarizzazione commerciale.
La sfida per utenti, operatori, gestori e politici è di continuare a lavorare perché il motto che ha da sempre rappresentato i servizi ferroviari: “signori, in carrozza” divenga finalmente attuale e praticato. Essere trattati da ‘signori’, cioè da cittadini che si comportano come tali, salendo su mezzi che portano sicuramente (in termini di partenza e arrivo effettivi –senza sospensioni dovute a improbabili cause- e sicurezza-senza incidenti se non dovuti a cause naturali) a destinazione.