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di LUCIANO ZANARDINI 26 set 2024 10:44

Tre parole chiave

Con un Sinodo in corso, con un cammino di iniziazione cristiana in parte rivisitato e con un Giubileo alle porte, viene spontaneo chiedersi come mai la Diocesi abbia scelto di aprire un percorso di ascolto in vista, nell’aprile 2026, di un Convegno Ecclesiale. Il rischio concreto è di sovraccaricare ulteriormente le comunità già disorientate dal cambiamento d’epoca (meno partecipazione uguale maggiore disinteresse). Fin qui può sembrare intempestiva la richiesta di aprire una nuova cartella di lavoro. Non possiamo, però, non comprendere che c’è qualcosa di più grande al quale dobbiamo dare una risposta. Possiamo scegliere di continuare come abbiamo sempre fatto (un mantra ben conosciuto nei nostri consigli) o possiamo azzardare di mettere a tema un progetto che possa aiutare ulteriormente l’essere Chiesa sul territorio. Tutto è connesso. Fatta eccezione per alcune realtà che vivono ancora (fino a quando?) di luce propria (con tanto di fuochi artificiali...), è evidente che nella maggior parte dei casi la bellezza dell’esperienza cristiana passa sempre di più in secondo piano. Le visite giubilari promosse dal Vescovo avranno il compito di stimolare una lettura personale dell’esistente, coinvolgendo i presbiteri (spesso demotivati) e i laici (spesso nostalgici).

Abbiamo bisogno di ritrovare l’entusiasmo perché il cristianesimo, come affermava Benedetto, si diffonde per attrazione. La lettera del vescovo Pierantonio “Siamo la Chiesa del Signore! Vogliamo essere tessitori di speranza” si inserisce bene nell’anno pastorale dedicato alla valorizzazione (oggi potremmo dire anche conoscenza e riscoperta) del battesimo, perché proprio in forza di questo sacramento siamo chiamati a essere testimoni autentici. A partire dal vissuto delle nostre comunità, sarà il Convegno Ecclesiale a tracciare delle piste, anche concrete, d’azione. Per farlo, serve un coinvolgimento vero e non di facciata. Non sprechiamo un’altra occasione. Proviamo anzitutto a raccontare il bello che c’è. Pensiamo in particolare all’alta qualità evangelica dell’esperienza di Chiesa e allo stile sinodale: che cosa di quanto stiamo vivendo qui ha il buon sapore del Vangelo? E sempre in questa prospettiva: che cosa invece dovremo migliorare e forse anche correggere? Nella triplice prospettiva dell’alta qualità evangelica della vita, della tensione missionaria e dello stile sinodale, osserviamo la realtà della Chiesa, in una data Zona, con le sue parrocchie e le sue unità pastorali. Pensiamo in particolare alla tensione missionaria: che cosa riteniamo ci venga chiesto per essere tessitori di speranza? Su quali ambiti (povertà, inclusione, lavoro, cultura, scuola, salute, disabilità, ambiente, impegno socio-politico, …) dovremo concentrare di più la nostra azione pastorale?

Il vescovo Pierantonio ha consegnato tre parole chiave da approfondire: la gioia, la speranza e la comunione. “Siamo felici della nostra fede? Siamo per il mondo di oggi un segno di speranza? Chi ci incontra si sente aiutato ad affrontare la vita con maggiore fiducia? Siamo persone che amano il loro prossimo con sincerità, che sanno sorridere, che conoscono la tenerezza, che con naturalezza e generosità si prendono cura dei più deboli? Ci stiamo aiutando a fare delle nostre parrocchie e Unità Pastorali delle vere comunità di credenti?”. Sì, desideriamo diventare tessitori di speranza.

LUCIANO ZANARDINI 26 set 2024 10:44