Tre avventori una sera al bar
Alcuni giorni or sono mi sono imbattuto in un’accesa discussione. In un bar si confrontavano tre avventori. Il primo, il più anziano e forse il più saggio del gruppo, cercava di spiegare agli altri lo stato di salute della Chiesa. “Stiamo perdendo ogni riferimento. Nella nostra comunità non si trovano catechisti ed educatori. Siamo ormai una minoranza. Continuiamo a ripetere modelli del passato, ma non ci interroghiamo sul presente e soprattutto sul futuro. La stanchezza unita alla rassegnazione spesso contagia laici e presbiteri. Gli oratori sono vuoti o chiusi. Adesso il Papa si è ‘inventato’ un Sinodo che non produrrà alcun risultato, perché tutto è già stato definito prima. Sarà solo un esercizio per dire quanto siamo bravi e per modificare aspetti marginali. Con un artificio retorico chiedono anche di ascoltare i cosiddetti lontani”. Il secondo, apparentemente distaccato dai temi della fede, lo interruppe così: “Ma perché dovrebbe interessarmi tutto questo? Trovatevi, confrontatevi ma non chiedetemi un parere. Se proprio insistete, vi posso dire che mi intristisce vedervi accapigliare tra progressisti e conservatori, tra sostenitori e oppositori del Papa, tra clericali e....”. Anche il terzo era sulla stessa lunghezza d’onda, cioè provava più o meno il medesimo senso di indifferenza. Aggiunse, però, un particolare: “Non frequento, ma, se mi limito ad osservare quanto mi circonda, non posso negare di vivere in un contesto ancora cristiano. Tutto (dall’arte alla letteratura) parla di Dio, molti parlano di Dio ma pochi lo testimoniano. Ho avuto anche l’opportunità di poter fare delle esperienze (alcune significative, altre meno) e di incontrare delle persone credibili e innamorate del Vangelo. Da cosa l’ho capito? Dalla contemplazione (preghiera) che si trasforma in amore per il prossimo e nella capacità di tendere la mano a chi si trova in difficoltà. È evidente a tutti che senza le opere della Chiesa lo Stato non sarebbe in grado di rispondere alle domande di aiuto dei cittadini”.
C’è del vero in ogni affermazione. Così come c’è del vero in ogni persona perché i comportamenti sono spesso dettati o influenzati dal vissuto. Il Sinodo è una grande opportunità per recuperare la dimensione attiva dell’ascolto senza avere paura di uscire dal recinto e di interloquire con altri “mondi”: proviamo a cambiare punto di osservazione. Mettersi davvero in ascolto significa passare dall’io al noi, significa fare un passo indietro per permettere all’altro di raccontare la sua esperienza non per giudicarla ma per comprenderla un po’ di più. Lo stile dell’ascolto aiuta a crescere ed è fondamentale in ogni ambito di vita, in ogni luogo di lavoro, in ogni parrocchia, gruppo o associazione di volontariato. In ogni persona ci sono le medesime domande sul senso della vita.