Tai cò, tate crape
Lo diceva mia nonna, ma forse anche la vostra: “Tai cò, tate crape”. Bresciana saggezza dei nostri vecchi, capaci di stigmatizzare in poche parole modus operandi e vivendi.
Come non prenderlo a prestito per descrivere lo spettacolo che la politica ci ha offerto in queste settimane di crisi di Governo? A voi l’onore di determinare chi merita “l’Oscar del crapone più duro” in questa partita. Oggi si volta pagina. In campo il tentativo estremo di Mario Draghi, ex presidente della Bce, personalità di prestigio internazionale assoluto, forse il meglio in questo momento delle riserve della Repubblica per formare un esecutivo istituzionale.
La scelta del presidente Mattarella fornisce un’estrema chance all’Italia per non scivolare in elezioni anticipate che metterebbe in paralisi l’azione politica per almeno 4-5 mesi in un momento delicatissimo per la vita del Paese. Andrà bene? Sinceramente lo spero. Ai partiti andrebbe chiesto però un piccolo esame di coscienza. Non solo per trovare colpevoli o capri espiatori, ma per capire che questa ennesima “crisi all’italiana” è prima di tutto una crisi del sistema e che se non ci si metterà al riparo ci saranno in futuro inevitabili ricadute. E qui sono già deluso.
La regola dei “tai cò, tate crape” funzionerà sempre fino a quando in Parlamento siederanno mille partiti, partitelli e partitucci. Spiace che formazioni politiche come il Pd, ma in fondo anche Forza Italia, recentemente si siano espressi per una riforma elettorale in senso proporzionale. Così aveva promesso anche il presidente del Consiglio uscente per ingolosire i “responsabili”. È l’origine di molti mali. Ci manca solo di rispolverare le preferenze e l’Ancien Régime sarebbe servito. Ma siamo davvero scesi di nuovo a questi livelli pur di far tirare a campare politicamente ogni piccolissima formazione politica, ogni singolo “crapone”? Possibile che gli italiani si bevano anche questa giravolta della politica scordandosi la storia e quanto bene o male sperimentano nei comuni e nelle regioni dove, grazie a una legge elettorale più maggioritaria, un sindaco o un governatore eletti governano per 5 anni, senza ribaltoni, prima di tornare al voto?
Va detto chiaramente: il ritorno al proporzionale contraddice apertamente il referendum del 1993, promosso da Mario Segni, in cui gli italiani il proporzionale lo abolirono per introdurre il maggioritario. E già questa è una forzatura. Inoltre, il proporzionale sposta il peso della scelta dei cittadini dai candidati ai partiti. Non che il sistema attuale consenta una vera scelta; è dall’abolizione del Mattarellum, e dall’avvento di un provvedimento che il suo stesso autore definì “una porcata”, che non abbiamo una legge elettorale decente. Ma il presupposto perché il proporzionale possa funzionare è che i partiti esistano. Che abbiano iscritti, sezioni, giornali, scuole di formazione. Luoghi di discussione che non siano soltanto i social orchestrati da uno staff di cinici smanettoni. Criteri di selezione della classe dirigente che non siano soltanto la fedeltà (vera o dichiarata) al leader. Oggi in Italia non ci sono partiti. Ci sono claque.
La Lega ha capovolto decenni di linea politica: da federalista a centralista, da autonomista a nazionalista, da nordista a quasi sudista. Il Pd è una federazione di correnti in lotta tra loro. Questo per citare solo i due partiti tradizionalmente più strutturati. Figuratevi gli altri. Oltre un terzo dei parlamentari sono stati eletti con un movimento oggi allo sbando. E Italia Viva resta, almeno fino alla prova del voto, l’ennesima mossa di Palazzo. Di sicuro il proporzionale, se andrà in porto, servirà di più agli interessi particolari e alla libertà di manovra dei vari leader che alla partecipazione e al potere decisionale degli elettori. Le prossime elezioni saranno con il sistema elettorale odierno, il “Rosatellum” e, Dio non voglia, con un sistema ancor più proporzionale come dichiarato dai più. Il risultato sarebbe un Parlamento nuovo, ma schiavo delle stesse dinamiche di oggi. L’egemonia della legge dei “tai cò, tate crape” resterà totale! Per questo speriamo oggi in Draghi. E se poi ci restituisse almeno il Mattarellum per votare sarebbe già una conquista.