Sulla Costituzione non si scherza
Se cambia la Costituzione, desideriamo capire perché e se ne vale la pena
Ci sono conti da regolare all’interno di schieramenti come il centrodestra (vedi il caso Roma), verifiche di pesi e contrappesi tra le correnti nel Partito democratico e ricerca di conferme o salti di maturità non più rinviabili come nel caso del posizionamento post elettorale dei grillini. Il tutto a scapito, appunto, di riflessioni, programmi e proposte che i cittadini amerebbero ascoltare e a cui i media per primi non sembrano interessati. I piccoli centri, tra cui i 27 Comuni bresciani al voto, se la caveranno meglio, almeno si spera. Per dare spazio alle loro proposte ce la metteremo tutta e come sempre abbiamo in programma in qualche Comune bresciano, come settimanale, alcuni confronti tra i candidati sindaci che ben volentieri siamo disposti ad organizzare con le parrocchie e la società civile.
Sullo sfondo, oltre l’estate però, si paventa già il fantasma del referendum confermativo della riforma costituzionale ormai approvata dal Parlamento. Un referendum che non avrà bisogno del quorum e su cui alcuni ambienti, anche del mondo cattolico, pare si stiano già agitando. A che pro? Cercheremo di capire.
Mi preme intanto sottolineare che il tema merita un’attenzione assoluta. Si tratta di cambiare la forma istituzionale dello Stato a settant’anni dal referendum che sancì la forma repubblicana dell’Italia ed elesse i membri dell’Assemblea costituente (2 giugno 1946).
Nel frattempo il mondo è cambiato, come la politica, e i processi decisionali del Paese risentono indubitabilmente della necessità di un aggiornamento improcrastinabile. L’inefficienza e l’inefficacia dell’azione politica è ormai evidente. Premesso che sulla carta costituzionale non si scherza, sarà questa la riforma adeguata per rispondere alle esigenze di una democrazia al passo con i tempi? È quella possibilmente percorribile oggi o è quella, senza la quale, saremo condannati all’immobilismo istituzionale? Ne riparleremo per capire, per entrare nel merito, per votare in ottobre con consapevolezza e responsabilità. Bando, quindi, subito a chi alimenta chiacchiere strumentali. Anzitutto il referendum non può essere considerato primariamente un voto pro o contro Renzi, anche se il premier ha legato le sorti del suo governo all’esito della consultazione. Sinceramente non vedo l’utilità. Se cambia la Costituzione, desideriamo capire perché e se ne vale la pena. Renzi farà poi quello che deve fare e tirerà le sue conclusioni politiche visto che ha promosso la riforma. Mi guarderei per bene, quindi, da un lato da chi abbraccia la novità a tutti i costi e dall’altro da chi l’ha già affossata a priori. Non cadiamo negli slogan che piacciono tanto anche al governo (soprattutto se si aprono con un #hastag), ma utile sarà verificare l’efficacia di certe proposte. Che dire, ad esempio, dell’abolizione delle province a quasi due anni di distanza, relativamente alla vita dei nostri territori? Valutare nel merito le questioni resta sempre la cosa migliore.
Strumentalizzare il voto sulla Costituzione pensando che questo sia l’unico modo di mandare a casa Renzi, mostra scarsità di argomentazioni pertinenti o una somiglianza con chi un tempo faceva di tutto per disarcionare Berlusconi. Avremo tempo e occasioni per approfondire... Ciò che conta sarà arrivare preparati a un appuntamento che in ogni caso sarà storico.