Sui profughi è concorso d’interessi
Le molotov a Carpeneda di Vobarno non sono affatto un buon segnale. Il clima d’insofferenza e disagio che si respira in questa calda estate italiana e bresciana è palpabile da più parti. I media non mollano la presa e i politici da un lato vanno a nozze cavalcando l’esasperazione e dall’altro arrancano per gestire qualcosa che è effettivamente sfuggito di mano
Le molotov a Carpeneda di Vobarno non sono affatto un buon segnale. Il clima d’insofferenza e disagio che si respira in questa calda estate italiana e bresciana è palpabile da più parti. I media non mollano la presa e i politici da un lato vanno a nozze cavalcando l’esasperazione e dall’altro arrancano per gestire qualcosa che è effettivamente sfuggito di mano. Il mantra del richiamo a un’accoglienza dignitosa del Papa è continuo, ma le azioni della politica che dovrebbero restituire una percezione più serena per affrontare la sfida dell’immigrazione non arrivano. L’Europa nicchia, come sempre. Qualche nazione sbotta come l’Austria. Tante parole, nessun fatto. E nei territori? Vobarno, paese in cui vivono 8.000 abitanti tra cui 1.500 stranieri regolari e integrati, conosce il segnale di un atto intimidatorio senza precedenti. Deplorevole perché evoca stagioni da dimenticare e modelli di reazione di cui non sentiamo il bisogno. La gente però si chiede: “Come mai in paese erano arrivati 23 profughi che una cooperativa (ora indagata) aveva piazzato, come bestie, in 120 mq con un solo bagno? A chi tocca verificare i requisiti di chi, pubblico o privato che sia, accoglie i richiedenti asilo?” Domande di cittadini comuni che vedono e giudicano. Certo l’impressione che il sistema di accoglienza in Italia faccia acqua da molte parti non è un mistero.
Sul fronte degli sbarchi ha campeggiato sui media il tema delle Ong. Quali regole? Quali presenze? E dove sta il discrimine tra un numero di navi sufficienti per salvare vite e il fatto che molte navi stazionino davanti alle coste della Libia? Non è che servono solo a incrementare l’esodo dei disperati? E poi, che dire del tema della chiusura dei porti a navi non italiane? Una scelta per forzare la mano all’Europa... a mali estremi, estremi rimedi. Sul fronte dell’accoglienza dei territori si sono siglati accordi tra lo Stato e i Comuni. Si sono fissate le cifre provincia per provincia, Comune per Comune. Molti rispettano i patti, altri no. C’è poi il ruolo del privato sociale. L’elenco bresciano degli enti è noto. Cooperative, associazioni, alberghi, privati. Molti meritevoli e poche mele marce che hanno trovato “nell’operazione profughi” la gallina dalle uova d’oro. Tornano le domande sul sistema. Dove sta il discrimine tra un numero sufficiente di strutture per l’accoglienza e il sospetto (che rischia di cadere su tutti) di aver messo in piedi un meccanismo che, grazie ai denari, indirizza solo in una direzione l’impegno del privato sociale? Non c’è il rischio di una guerra fra poveri? Perché occuparsi di drogati, disabili o disagio giovanile quando lo Stato dà così tanti soldi (35 euro al giorno) se accolgo i profughi? E gli altri? Siamo davanti a una risposta reale o alla “distrazione” di massa di chi si occupa di servizi alla persona? Forse è solo una percezione. Peccato che lo Stato non sostenga di più sistemi diversi come quello dei corridori umanitari (tra l’altro più sicuri e dignitosi per tutti). Chissà, forse in questo caso, gli interessi di molti non convergono abbastanza.