Strategie contro il virus
Quella da Sars-Cov-2, responsabile della sindrome chiamata Covid-19, è un’infezione pandemica, che interessa cioè più continenti. Come e con che strumenti terapeutici potremo pensare nel medio periodo di arginarla?
Quella da Sars-Cov-2, responsabile della sindrome chiamata Covid-19, è un’infezione pandemica, che interessa cioè più continenti. Come e con che strumenti terapeutici potremo pensare nel medio periodo di arginarla? Il contenimento della pandemia nel futuro dovrà basarsi, secondo me, su diversi elementi. Il primo, ovviamente, è quello di un vaccino. Con almeno 100 gruppi che, a livello mondiale, stanno studiando l’immunità che questa infezione può lasciare per vedere se è forte per vedere se è duratura, l’obiettivo non dovrebbe essere poi così distante. Normalmente per lo sviluppo di un vaccino o di un farmaco servono anni, ma in questo caso, visito l’impegno e le risorse messe in campo, i tempi potrebbero essere più veloci. Mi auguro, però, che, una volta scoperto, il vaccino possa essere messo a disposizione di tutti, anche dei Paesi con meno risorse, questo non solo per un concetto di etica e di equità, ma anche per il principio che se siamo tutti protetti il rischio di un ripresentarsi del virus è decisamente più ridotto. Il secondo elemento di controllo è la sorveglianza epidemiologica a livello mondiale. L’identificazione e l’isolamento precoce e tempestivo dei casi in tutti i Paesi consentirebbe che eventuali nuovi focolai non diventino fonte di ripresa della pandemia. Si tratta di un elemento cardine su cui tutti i sistemi sanitari del mondo dovranno essere molto attenti ed attrezzati per una possibile seconda ondata del virus. C’è poi tutta la parte terapeutica, con la ricerca concentra su tre diverse tipologie di farmaci. La prima è quella dei farmaci che possano combattere direttamente Sars-Cov-2. Le sperimentazioni in essere sono tante, ma per ora solo un farmaco ha ottenuto una qualche forma di autorizzazione (Emergency Use Authorization) accelerata dall’Ente regolatorio americano Fda. Altri sono in fase di studio per vedere se la loro efficacia dia effettivamente risultati in termini di guarigione e di riduzione dei tempi in cui una persona emette il virus, con evidenti benefici clinici per l’individuo e per la comunità.
C’è poi una seconda linea di ricerca, perché anche se la malattia è data da un virus, le sue forme più gravi sono date da sindromi da “iperinfiammazione” che portano nelle forme più gravi anche un consistente numero di decessi. In questo caso la strategia non è tanta virale, ma antinfiammatoria. Attualmente sono in essere le valutazioni cliniche di numerosi inibitori delle citokine, piccole molecole che mediano l’infiammazione. Bloccando queste si possono bloccare in qualche modo gli effetti violenti della malattia. Anche in questo caso sono numerosi gli studi in essere. Anche Brescia è attivamente impegnata in questi sforzi di ricerca, l’unico modo esistente per accertare l’efficacia di un farmaco. La terza strategia è quella di cui si sente parlare molto in queste settimane, ed è quella dell’utilizzo del plasma dei convalescenti, che hanno sviluppato gli anticorpi, da infondere in pazienti ancora in fase di malattia. Si tratta di una strategia che non è nuova, perché già sperimentata in passato per altre infezioni. La questione che ancora resta da chiarire è se questi anticorpi del plasma sono “neutralizzanti”. Non tutti gli anticorpi, infatti, hanno un’azione immunitaria protettiva. Bisogna verificare dunque se questa malattia sviluppa anticorpi immunizzanti, come sembrano dimostrare le prime ricerche, e per quanto tempo questi anticorpi neutralizzanti persistano. Siamo però ancora nella prima fase delle ricerche e bisogna ancora aspettare la validazione della comunità scientifica. Questa, comunque, potrebbe essere nel futuro una importante risorsa nella lotta al Covid-19 se i risultati degli studi in corso confermeranno le aspettative. Nell’ottica di un contenimento del virus nel medio periodo, queste strategie, però, non possono prescindere dal filone vaccinale e dalla osservanza epidemiologica che restano i cardini della prevenzione