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di CLAUDIO CAMBEDDA 01 ago 2024 14:54

Stare al fianco

In Italia la popolazione ha un’aspettativa di vita elevata, ma non per tutti sana, in quanto bisognosi di cure palliative. Secondo il Ministero della salute si tratta di 335 persone ogni 100mila abitanti, 500mila all’anno, delle quali solo il 35% ne beneficiano, contro il 70% di altri Paesi europei. Lo Stato ha carenza di personale sanitario (50% in meno per le cure domiciliari) e l’O.M.S. prevede un peggioramento nei prossimi anni. Il sistema sanitario si concentra sulla fase acuta delle malattie: occorrono prevenzione e presa in cura precoce tramite servizi moderni (telemedicina e telemonitoraggio). Il terzo settore fornisce il 66% dei lavoratori domiciliari (medici, infermieri, psicologi, fisioterapisti, operatori socio sanitari), accede a fondi pubblici con obiettivi di attività clinica, governance ed engagement della comunità. L’associazionismo offre sportelli per i cittadini, aziona il supporto psicologico a volte dimenticato dal sistema sanitario. Si affianca al “caregiver”, in attesa di riconoscimento giuridico, supporto economico e psicologico (di questo tema abbiamo parlato su queste pagine in precedenza).

L’Università degli Studi di Brescia si è occupata dell’argomento con la tavola rotonda intitolata “Stare al fianco nel finis terrae: cure palliative, volontariato e ritualità” che affrontava il grande enigma di come affrontare il dolore, la malattia e il lutto, evitando la solitudine. Sul tema della morte mancano le “parole” per capire la situazione, prendere decisioni, gestire il percorso di fine vita. Vi è il rischio di atteggiamenti negativi come l’angoscia, fonte di isolamento, e la maggior sofferenza nel riconoscere l’avvicinarsi della fine. Il concetto di “consciousness rising”, cioè l’elevazione della coscienza sul momento del fine vita, favorisce le cure palliative, comportamenti solidaristici e discorsi appropriati”. L’accompagnamento deve essere multidimensionale: la componente spirituale è fondamentale, aprendo alla dimensione di pace interiore. In Italia è attiva la società di cure palliative SICP, grazie alle stesse famiglie con esperienza di lutti, per creare rete. Le “best practices” sono offerte da associazioni come “ANT” (assistenza domiciliare), “Oltrepassando” (dignità al momento del passaggio), “A.m.a. Bergamo” (dialogo di preparazione al lutto), “Casa Roland” (assistenza abitativa alle famiglie vicine al malato), “Vad” (prima a creare l’“hospice” in Italia). Per dare qualità alla vita non si può cambiare il destino, ma si può cambiare il modo per affrontarlo con dialogo, empatia, accompagnamento. La vera cura è il “prendersi cura”.

CLAUDIO CAMBEDDA 01 ago 2024 14:54