Som denter turna che negom
“Come va a Brescia?”, chiede un amico romano. Rispondo: “Som denter turna che negom”. Naturalmente non ha capito il senso, ma il tono e la preoccupazione le capisce bene. Brescia e provincia, ancora una volta, sono al centro dell’attenzione. I provvedimenti ne fanno una zona arancione rinforzata, con scuole di ogni ordine e grado chiuse e tante altre limitazioni. Qualche “burlone” nella giornata di ieri faceva girare in whatsapp un’ordinanza del Ministero della Salute: “Tutto chiuso, Messe comprese”. Panico! La data in calce però è quella del 23 febbraio 2020, un anno fa. Nessuna ordinanza ministeriale ieri, ma solo quella regionale. Sollievo! L’incrocio di date basta però ad alzare l’asticella della paura: “Ci risiamo? A cosa sono serviti i sacrifici di questi lunghi mesi!”.
Lo sconforto è giustificato e oggi è più difficile trovare l’energia per resistere, meglio per perseverare. Brescia è ancora nella prova, come il resto del Paese e del mondo. Non siamo soli nella lotta, ma l’ennesima frenata alla vita quotidiana non ci lascia indifferenti. Ci preoccupano le famiglie che in questi giorni non sanno a chi affidare i bambini. Ci preoccupano gli adolescenti che continuano a dare segnali d’insofferenza e di disagio. Ci preoccupano gli anziani, sempre più isolati. Ci preoccupa il lavoro che comincia a mancare per troppi. Ci preoccupa lo sfaldamento di tutto ciò che fa di noi una comunità. Lo sfilacciamento dei legami, la perdita dei processi di coesione sociale che sostengono il cammino dei nostri paesi e delle nostre parrocchie lascerà un segno.
E oggi che, nonostante la speranza dei vaccini, vediamo allontanarsi ancora una volta la via d’uscita ci chiediamo: come saremo quando tornerà la luce? Cosa resterà dei nostri gruppi, volontari, oratori, associazioni, del nostro camminare insieme? Mentre riprendiamo coraggio per continuare questa lotta infinita, dovremmo prepararci a ciò che sarà. Forse dovremmo chiederci cosa si dovrà fare per stimolarci, risvegliarci al senso di comunità. Non perché tutto torni come prima, ma perché niente di ciò che vale vada perduto.