Società Siamo l’Europa dell’amicizia
Draghi e Mattarella, insieme per la ricostruzione
Sostengono gli economisti che una vittoria calcistica continentale può valere, per il Paese che si aggiudica il titolo, un punto di Pil (Prodotto interno lordo). Una cifra enorme (dai 12 ai 15 miliardi di euro nel caso dell’Italia), che certamente può far sorridere un’economia che langue. Ma il vero vantaggio, il vero guadagno, stanno altrove. E sono certamente difficili da misurare. Perché si tratta di sentimenti, di valori, di amicizia e di solidarietà, di cuore e di passione. Sì, anche di dignità e di orgoglio. Persino di capacità di divertirsi correndo dietro a un pallone, come fanno i ragazzini e le ragazzine di tutto il mondo, nella speranza di calciare un gran tiro all’angolino e segnare il gol della vittoria. Che talvolta fa la storia, ma più spesso entra nella galleria dei ricordi che contano.
Ci sono tre immagini che ci hanno colpito al termine della sequenza da thriller dei rigori che ha lanciato l’Italia sulla vetta dell’Europa calcistica. La prima è l’abbraccio interminabile fra il tecnico Roberto Mancini e l’amico Gianluca Vialli. La seconda immagine è quella del portierone Gigio Donnarumma che dopo aver parato due rigori decisivi, serissimo, con un’espressione quasi incredula, si allontana dalla porta. La terza immagine è quella di Leonardo Spinazzola: per la sua forza e il suo coraggio, è l’emblema di questo nostro Paese, profondamente ferito e sconvolto dal Covid. Un Paese che pur dolorosamente colpito (nessuno potrà mai cancellare quella triste colonna di camion carichi di bare che attraversavano le vie deserte di Bergamo, né potrà mai dimenticare che un virus crudele ci ha strappato un’intera generazione di nostri “vecchi”, la nostra memoria) sa rimettersi in moto. Magari saltellando con la stampella, come il giocatore della nostra Nazionale.
Ma con la certezza che presto torneremo a correre tutti insieme, perché c’è un campionato ancor più importante da vincere. Quello contro un vero nemico, il Covid 19. Per poi continuare a correre per ricostruire un’Italia più forte, più giusta, più bella. E se possibile, persino più buona. La chiamiamo tutti ricostruzione, insieme con Mattarella e Draghi. Come fu nel secondo dopoguerra. Ecco, lo spirito giusto per compiere l’impresa è quello dei nostri azzurri, giovani talenti e vecchi campioni integri. Nella disciplina di squadra, nella resilienza, nel coraggio e nella fantasia.
Sì oggi siamo gli italiani. Mai più i “soliti italiani” come ci raccontano nei giorni tristi. Ecco perché abbiamo meritato la felicità di riportare a Roma, dopo addirittura 53 anni, la Coppa continentale. Sì, siamo noi l’Europa. Dell’amicizia, della professionalità, della serietà, della maturità dei ventenni di oggi. Così si guadagna e si merita il futuro. Non solo nel calcio.