Società: droga, questa sconosciuta
Da un pezzo non si parla più di droga. Da un pezzo questa sta dilagando, assumendo multiformi colori ed effetti. Le notizie che in questi giorni di susseguono di risse e aggressioni, a volte anche con esiti fatali, fuori della discoteche si accompagnano spesso con la riproposta del tema dell’uso o dello spaccio di delle sostanze e della violenza che spesso le accompagna
Da un pezzo non si parla più di droga. Da un pezzo questa sta dilagando, assumendo multiformi colori ed effetti. Le notizie che in questi giorni di susseguono di risse e aggressioni, a volte anche con esiti fatali, fuori della discoteche si accompagnano spesso con la riproposta del tema dell’uso o dello spaccio di delle sostanze e della violenza che spesso le accompagna. Sembra che i comuni denominatori di questo fenomeno siano quasi sempre gli stessi: giovani, sostanze, violenza. Cosa fare allora? Iniziamo col dire pane al pane. Iniziamo a riparlare di droga e meno di sostanze. Droga perché chi usa “sostanze” spesso non si sente drogato. Droga, perché se ti droghi sai benissimo che fa male. Ricominciamo a parlare chiaro con i ragazzi.
Portiamoli a vivere un’esperienza nelle comunità che si occupano di persone che vivono o hanno vissuto questo dramma. Piccola proposta: le scuole e gli oratori organizzino visite nelle comunità di recupero che sono numerosissime sul territorio bresciano. Portino i ragazzini, anche molto giovani, ad ascoltare esperienze dirette di cosa vuol dire vivere una vita con le droghe. Proponiamo giornate vissute in mezzo a giovani e meno giovani che hanno deciso di liberarsi da questa gabbia. In questo modo, probabilmente, svanirà il fascino di una sostanza che porta piano piano a spegnere la vita. Tutto questo con buona pace dei soloni che valorizzano o giustificano droghe leggere e che, giunti ad una certa età, non possono assolutamente rinunciare alla “canna” quotidiana.
Costi quel che costi, non possono rinunciarvi. Con buona pace per il termine “dipendenza”. Non servono più convegni, non servono più momenti formativi. Serve il contatto diretto col dolore, col disagio; forse, così, la didattica si fa vita, vita vera, che sanguina e che insegna. Riparliamo loro di droga, facciamolo in tempo, prima che si trovino di fronte alla proposta di uno spinello. Facciamolo noi genitori anche se spesso non siamo credibili, perché utilizziamo droghe, leggere e non, oppure sottovalutiamo allegramente la questione. Proviamoci, forse saranno i nostri figli, di fronte all’autentico dramma della droga, a rieducarci alla sua vera dimensione, al suo vero pericolo, alle sue vere conseguenze.