Social: la storia non è maestra di vita
Dalla commozione per le vittime della Shoah al livore per gli immigrati: come cambiano nel giro di pochi secondi gli uomini dei "postatori" compulsivi
È stato quasi commovente, nei giorni scorsi, vedere l’imponente condivisione sui social di post, video, foto, frasi a effetto dedicate al giorno della memoria, per condividere il dramma di milioni di persone soppresse dalla follia nazista e per dire il proprio no al ripresentarsi di tali “buchi neri” nella storia dell’umanità... Grande, imponente, quasi epidemico il fronte dello sdegno e del cordoglio per quello che avvenne allora... Che bella questa umanità che ancora sa indignarsi contro la barbarie e che belli i social che permettono questa condivisione... Si è trattato, però, di un fuoco di paglia perché nel breve volgere di pochi minuti quello stesso palcoscenico virtuale ha visto molti dei suoi "attori", tanto umani nel condannare la follia nazifascista e "commuoversi" per i milioni di vittime, dismettere questi abiti di scena "umani" e tornare a indossare quelli dei virulenti accusatori. Nel loro mirino, lo stesso sino a pochi minuti prima puntato sulla Shoah, quei falsi profughi che arrivano nel nostro Paese in cerca di fortuna, quelle ong criminali conniventi con scafisti e trafficanti di uomini, chi, politico o non politico, cerca di capire e comprendere. Il tutto ricorrendo, senza neppure il più piccolo dei ritegni, a fake news e altri mezzucci squallidi (valga per tutti l'immagine di un campo profughi sommersa dalla neve scattata in Libano fatta passare per una foto di Amatrice con tanto di severo e polemico monito nei confronti di chi continua a interessarsi di immigrati mentre ci sono i terremotati del Centro Italia abbandonati a se stessi sotto pesanti coltri di neve...).Chissà se qualcuno tra queste migliaia di "postatori" compulsivi sarà stato colto, anche se solo per un secondo, dal dubbio che nei confronti di chi, ieri, fu condannato a finire la propria esistenza in un campo di concentramento, molti dei nostri padri e dei nostri nonni, forse più per ignoranza che per cattiveria (comunque colpevoli), dimostrarono, abilmente orchestrati, quel livore che oggi riserviamo a chi si affida alle insidie del mare per cercare una speranza di futuro... Anche allora ai nostri padri e ai nostri nonni raccontarono che quelle che non potevano più frequentare le loro scuole, ne avere un ruolo attivo nelle nostre comunità e che venivano invitate a salire su vagoni normalmente destinati alle bestie, non erano persone per bene; era gente che viveva sulle loro spalle... Insomma, dei parassiti da eliminare... Non c’erano i social, ma la persuasione e la propaganda ebbero comunque il loro effetto. E quei pochi che cercarono di dire di no, di ribellarsi a quella logica e a quel modo di pensare, probabilmente, furono pagati con quella stessa moneta che oggi si riserva a chi cerca di ragionare, di discutere, di far capire che il racconto che si fa di quanti si affidano al mare può essere anche falso, che forse non è vero che sono tutti “falsi bisognosi”, perché se hanno i soldi per affrontare il viaggio verso l’Italia tanto poveri non sono... Tutto inutile? Forse... Quanto meno, allora, sarebbe allora il caso che chi ha “sposato” senza e se e senza ma la causa della chiusura e la difende a spada tratta sui social, avesse almeno il buon gusto di andare a rileggersi quanto, solo poche ore prima, ha postato a condanna della Shoah.e interrogarsi se la storia possa ancora dirsi maestra di vita o se debba essere derubricata a ruolo di Cassandra inascoltata.