Sintesi fra fede e cultura
Quando si pensa al ruolo pastorale svolto da un insegnante di religione si è soliti distinguere il suo essere insegnante dal suo essere cristiano
Quando si pensa al ruolo pastorale svolto da un insegnante di religione si è soliti distinguere il suo essere insegnante dal suo essere cristiano. Per esempio si afferma: come insegnante egli è tenuto in aula a sviluppare cultura; come cristiano, invece, egli è chiamato a testimoniare il Vangelo di Gesù in chiesa o in casa sua. Questo modo di pensare ha un suo valore. Aiuta a distinguere ciò che è di competenza di una professione (l’insegnare una materia), da ciò che riguarda un’adesione personale di fede. Inoltre, su questa distinzione si comprendono le differenze fra l’insegnamento della religione cattolica e la catechesi parrocchiale. Tuttavia, senza negare simili considerazioni, si può osservarne una nota critica.
Infatti, in ottica pastorale, l’esasperazione di una simile distinzione conduce ad immaginare che l’esplicita testimonianza del Vangelo di Gesù fatta in una parrocchia non abbia valore culturale in sé: siccome ciò che è culturale viene insegnato a scuola, allora tutto ciò che è insegnato in altri luoghi per convinzione di fede non ha valore culturale. Una simile interpretazione ha due difetti. Primo punto. Al credente che insegna la cultura non sarebbe necessaria. In questo caso, perché insegnare culturalmente la religione cattolica a scuola come chiede l’Intesa fra il Miur e la Cei? Secondo punto. Per insegnare culturalmente la religione cattolica, l’adesione di fede non è necessaria. Ma allora perché chiedere la testimonianza di vita cristiana come criterio per insegnarla a scuola? In realtà, una nota della Cei del 1991 chiama l’insegnante di religione “uomo/donna della sintesi” fra la fede e la cultura. La sua stessa persona dovrebbe essere espressione di una sapiente unione fra questi due ambiti. Senza tener ben ferma la consapevolezza di questa sintesi, egli è pastoralmente destinato a essere considerato o uno “sciocco credulone” a scuola o un “dotto eretico” in parrocchia.